Massimo Giletti torna in Rai ed è subito polemica: "Fazio mi ha deluso, qui per ora sono in prova"

Il conduttore "torna a casa" al timone di una serata evento La TV fa 70 e racconta delle emozioni di questo rientro, i progetti e un clamoroso retroscena

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Massimo Giletti torna in Rai. E lo fa alla guida di una serata evento che è un lungo omaggio ai 70 anni di storia della televisione: la Tv fa 70, in onda mercoledì 28 febbraio su Rai 1. Un viaggio attraverso una enorme varietà di volti noti, ospiti, storie, trasmissioni e generi che diventano spunti per raccontare la storia e l’evoluzione dell’Italia, in una sorta di gioco di specchi tra ieri e oggi. Tantissimi saranno gli artisti ospiti di questa lunga serata celebrativa (che durerà dalla prima alla terza serata, come una puntata di Sanremo, per capirci) . Al centro di questo racconto ci saranno poi due ‘padri costituenti’ della tv italiana: Pippo Baudo e Renzo Arbore.

Ma l’evento nell’evento di questa serata speciale è che, al timone di una trasmissione Rai, il pubblico ritroverà Massimo Giletti, reduce dalla brusca fine del rapporto professionale con la 7. Ed ecco cosa ha raccontato il giornalista durante la presentazione della serata-evento, sulle emozioni relative al suo rientro in seno a mamma Rai, sui progetti futuri, e sulla sua idea di tv e su un silenzio di un collega, che proprio non gli è andato giù.

Massimo Giletti , che emozione prova a tornare in Rai?

L’ emozione più grande è ritrovare le persone con cui sono cresciuto, che mi hanno accolto con grande affetto. Io poi non mi sono mai allontanato molto fisicamente, perché avevo il mio ufficio da cui si vedeva la Rai, quindi tutte le mattine vedevo il cavallo. Era curioso essere lì con l’affaccio sull’azienda in cui sono nato e in cui non ero più. Quando rientri hai la speranza di ritrovare un approdo e il piacere di ritrovare luoghi famigliari. Una sensazione di ritorno a casa.

Cosa vedremo nella lunga serata de La tv fa 70?

Innanzitutto il risultato di un grande lavoro. Ho accettato questa sfida perché penso che la Rai possa produrre grandi prodotti internamente. Credo che dobbiamo ritrovare l’orgoglio di lavorare in Rai, noi conduttori siamo i frontmen, ma senza tutte le altre figure che contribuiscono al successo di un programma non andiamo da nessuna parte. Una volta, quando arrivava, la Rai si fermava un paese, ora molte cose sono cambiate. Ma questo grande evento che abbiamo organizzato per i 70 anni di tv dimostra che la Rai può fare grandi cose con le proprie risorse interne.

Credo che ci siano due categorie tra le persone che fanno televisione: chi ci sta dentro e chi inventa la tv. Io mi sento un artigiano della televisione, sono nato con Minoli, che, per esempio si è inventato Un Posto al Sole, oltre a Mixer, Baudo e Arbore sono due Maradona in questo senso, non c’è paragone possibile con loro. Questa serata è un po’ questo, raccontare artigiani e innovatori. Certo, sintetizzare 70 anni abbracciando tutto era impossibile, però soprattutto volevamo essere contemporanei. I tanti personaggi che verranno a trovarci faranno cose anche dinamicamente, non solo di racconto. Lo spirito è questo. Riflettevo che nel ’92 quando iniziavo, mi ricordo già titoli come: "la tv generalista è morta", e invece stiamo ancora qua. Però bisogna investire sulle nuove idee. Sanremo ha vinto perché ha portato la realtà contemporanea in tv. Il tempo di oggi dev’essere raccontato dalla tv di oggi. Per questo anche nella nostra serata evento non vedrete uno show basato sulle teche che comunque sono un gioiello della Rai. Le abbiamo utilizzate, ma chi va in prima serata deve fare una cosa diversa.

Ma si può sapere perché non ha invitato Mara Venier?

Perché era purtroppo impossibile portare tutti, sia lei che Milly Carlucci saranno presenti in video, mi sarebbe piaciuto ospitare anche Santoro e Minoli, ma dentro una serata che è più concentrata sullo spettacolo, facevamo fatica dargli il giusto spazio.

Chi o che cosa le è particolarmente dispiaciuto lasciare fuori da questa trasmissione?

Sono un po’ rammaricato perché non ci sarà Fabio Fazio. Gli ho scritto, lui non mi ha mai risposto, questo mi ha un po’ deluso umanamente, ma riesco anche a capire che io e Fabio ci siamo confrontati in prima linea per molto tempo, e ci sono state anche delle tensioni, però penso che Fazio sia un personaggio molto importante della storia della televisione, è una mancanza che mi lascia amareggiato e perplesso, peccato. Però guardo tutto il resto che siamo riusciti a fare.

Racconterà la tv del passato fino al presente, ma cosa non le piace della tv di oggi?

È una televisione troppo schiava dell’audience, il limite più grande oggi è questo. Bisognerebbe avere più coraggio e non rivolgersi solo a un pubblico materasso a cui propinare qualsiasi cosa. Prima c’era il modo di sperimentare, di dare un tempo di rodaggio al programma, oggi non c’è più tempo perché bisogna vincere subito. Penso che bisogna prendersi la responsabilità di esplorare cose nuove, e lo dovrebbe fare in particolare la tv pubblica.

Ci sono altri progetti in vista in Rai dopo questa serata? Lei parla quasi come un dirigente, hai mai pensato a un ruolo aziendale?

Per il momento in Rai mi hanno preso in prova, quindi ancora non c’è nulla di chiaro all’orizzonte. Io credo che si debba ogni giorno imparare a fare il proprio mestiere, ma questo non vuol dire che chi fa tv non possa dare un contributo, un’idea, alla parte aziendale. Oggi il mio desiderio è fare bene il prodotto che mi viene affidato. Io mi auguro che la politica e la Rai capiscano che è importante creare gruppi di lavoro che hanno come riferimento unicamente il contenuto prodotto. Io ho sempre risposto solo alla mia coscienza e al direttore di rete. Ora sono in prova, quindi quello che sarà lo vedremo verso maggio, giugno. Ho un paio di progetti che spero si concretizzino in questi due mesi, perché i miei programmi sono più complessi, non facciamo format e quindi richiedono tempo e molto sforzo organizzativo.

Per lei questo ritorno è una rivincita?

Non è il mio stato d’animo quello della rivincita, il Giletti di qualche anno fa avrebbe risposto più brutalmente a questa domanda. Io penso di non aver fatto alcun errore, e poi penso che anche nelle esperienze negative bisogna trovare qualcosa per migliorare sé stessi: in questo caso quell’esperienza mi ha insegnato ad essere più pacato nei sentimenti. Se vi ricordate, durante la prima conferenza stampa fatta a la7 ero così teso che scesero anche delle lacrime, perché andare via dalla Rai in quel modo è stata un sofferenza. Nonostante stessi andando in una rete grande che investiva molto sull’informazione, quindi una situazione ottima, dentro di me rimaneva il dolore. Oggi è diverso, perché io sono un uomo diverso. Oggi è importante per me avere un equilibrio. Quando hanno chiuso un programma importante, il mio dolore era soprattutto per i 30 collaboratori da un giorno all’altro sbattuti fuori. Ciò detto, oggi viviamo un’avventura diversa, vi confido che l’altra sera sono andato sul palco da solo e ho sentito quella sensazione di riappropriarmi del luogo in cui sono nato, sono sereno.

Il suo programma del cuore di 70 anni di tv (escluso Mixer che diamo per scontato lo sia)?

Renzo Arbore ha fatto dei prodotti pazzeschi come Speciale per voi, che è per me il primo talk show televisivo, siamo nel ’68, con i big della musica che parlano ai ragazzi e loro che gli rispondono a ruota libera. Caterina Caselli fuggì piangendo alla fine di una registrazione. Dopo due anni gliel’hanno tolto quel programma, perché è sempre complicato fare qualcosa di antiliturgico. Anche Striscia la notizia è stato folgorante: ha portato il fuorionda a diventare onda e da quel momento è diventato più difficile fare tv.

Qualcuno in azienda pare che abbia alzato il sopracciglio quando si è deciso di affidare a lei questo programma, come risponde a questo?

Da un certo punto di vista c’era da aspettarselo, chi se ne va e rientra poi paga dazio, ma io non sono l’ultimo arrivato: ci sono stato 27 anni in Rai prima di essere "gentilmente accompagnato alla porta". E’ normale che qualcuno alzi il sopracciglio, ma è anche vero che affidarsi per una sera a qualcuno che viene percepito come quello ultimo arrivato che viene da fuori può dare risultati interessanti.

Ha detto che della lunga durata del programma avrà forse da lamentarsi Bruno Vespa che andrà in onda più tardi del solito, nel futuro vede un derby con Vespa?

No, siamo lontani. Io poi sono antiliturgico, quindi è difficile che a un antiliturgico diano un programma che dev’essere per sua natura liturgico come quello di Vespa. Io credo che qui ci sia spazio per tutti.

Ma lei ha intenzione di riportare l’Arena in Rai?

Ma qui dobbiamo ancora parlare di quel che sarà , capisco la curiosità, ma ripeto che al momento sono ‘in prova’. Il marchio L’Arena è nato in Rai però io credo ogni cosa ha i suoi momenti e la sua epoca. Io davvero ora non so che farò tra tre o quattro mesi, sono appena rientrato, vediamo, quello che deve succedere succederà, l’importante è che ci siano più offerte. Non so dove e non so cosa, ma qualcosa farò.

Chi torna deve pagare dazio ha detto, lei in che modo lo sta pagando?

Diciamo che ho capito che il tempo aiuta a capire da entrambe le parti. Io ora vengo da una chiusura he non è stata semplice, c’è anche una situazione giudiziaria in corso. Quando Enrico Mentana mi propose di andare nel suo programma a chiarire io dissi di no, perché ci sono cose che non si devono risolvere in tv, perché in quei contesti tu puoi raccontare solo la tua verità, io mi sono affidato ai magistrati per arrivare alla verità. Quindi il tempo è sempre necessario, e anche per una dirigenza ci vuole tempo per assorbire una certa situazione.

Ha qualche idea su programmi per il futuro? Ha voglia di tornare a fare inchiesta?

Questa che facciamo è una messa cantata eccezionale, ne ho in mente anche un’altra molto importante, sarebbe un unicum mondiale, ma vediamo, non ne ho ancora parlato con i vertici. Quindi faccio anche questa tv, quando parlo di tv antiliturgica parto dalla premessa che ho rispetto per la liturgia, vuol dire solo che nella mia idea di tv, bisogna avere grande coraggio, non pensare mai che ci sia una sola verità. Io ho una mia idea di tv, non per forza distruttiva. E’ un dovere non girare la testa dall’altra parte, se potrò tornare a fare questo lo farò, ma mai in modo ideologico, perché io non sono mai stato ideologico tant’è che sono ancora qua.


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