A Un giorno in pretura la storia dei Barbudos della Sanità

Nell puntata in onda il 23 luglio, Roberta Petrelluzzi ricostruisce la drammatica strage delle Fontanelle del 2016, apice dello scontro tra clan della Camorra

Un giorno in pretura
Fonte: Ufficio Stampa Rai

Il 23 luglio torna in seconda serata su Rai 3 l’appuntamento con Un giorno in pretura, storico programma condotto da Roberta Petrelluzzi che racconta e approfondisce i più noti e complicati casi di cronaca italiana. Per questa nuova puntata la trasmissione ricostruisce l’ormai tristemente nota strage delle Fontanelle, avvenuta nell’ambito delle lotte tra clan mafiosi per il controllo del Rione Sanità di Napoli.

La strage delle Fontanelle, un capitolo drammatico della storia italiana

Era il 2016, e due clan della Camorra erano nel pieno della faida per il controllo del noto quartiere napoletano: da una parte quello dei Genidoni-Esposito, conosciuti anche come i Barbudos; dall’altra quello dei Vastarella. Una lotta senza esclusione di colpi, che ha raggiunto il suo apice la sera del 22 aprile dello stesso anno, quando una pioggia di proiettili ha colpito una sala da biliardo solitamente affollata di bambini e ragazzi. Un attacco brutale da parte del clan dei Barbudos, costato la vita a due uomini della fazione opposta, Giuseppe Vastarella e suo cognato, Salvatore Vigna. Nella sparatoria sono rimaste ferite altre tre persone, tutte appartenenti al clan Vastarella: Dario e Antonio Vastarella e Alfredo Ciotola, tutti imparentati con il boss Patrizio Vastarella.

La strage delle Fontanelle viene ricordata come una delle più gravi azioni di fuoco della recente storia italiana e, in particolare, della storia della mafia napoletana. Un episodio drammatico, che ha portato alla condanna all’ergastolo, con un anno di isolamento, per ben cinque persone, tra i più influenti esponenti del clan dei Barbudos: innanzitutto Antonio Genidoni, figlio del boss, insieme ad Addolorata Spina e Vincenza Esposito, rispettivamente madre e moglie del giovane capoclan, e altri due uomini affiliati al gruppo, Emanuele Esposito e Alessandro D’Aniello. Per loro è stato disposto i carcere a vita nel 2020, con le accuse di duplice omicidio e tentato triplice omicidio, con l’aggravante mafiosa.


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