Belve Crime, Francesca Fagnani sbotta contro Massimo Bossetti: "Non giudichi il padre di Yara"

Le interviste a tre protagonisti di terribili storie di cronaca, nella puntata dello spin off crime del programma di Francesca Fagnani

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Prima puntata di Belve Crime in onda martedì 10 giugno 2025 in prima serata su Rai Due, e con le interviste di Francesca Fagnani ai protagonisti dei grandi fatti di cronaca nera.

I tre ospiti, controversi, di questo primo appuntamento in onda in prima serata su Rai Uno sono: Tamara Ianni, testimone di giustizia che ha denunciato il clan Spada, Eva Mikula, ex compagna di Fabio Savi, uno dei criminali della Banda della Uno Bianca e, dal carcere di Bollate, Massimo Bossetti, condannato a tre ergastoli per l’uccisione della piccola Yara Gambirasio. Francesca Fagnani procede spedita e sicura nelle conversazioni e non lascia cadere alcune affermazioni inopportune (chiamiamole così), come quella di Bossetti sul padre di Yara. Scopriamo come è andata questa prima puntata (per ora unica) dello spin off crime di Belve.

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Belve Crime, martedì 10 giugno 2025: cosa è successo, tutte le interviste

Tamara Ianni e la violenza degli Spada

La prima vicenda, raccontata dalla prima e per ora unica puntata di Belve Crime, è quella di Tamara Ianni, la collaboratrice di giustizia che ha denunciato il clan Spada, i padroni di Ostia. La donna, imparentata tramite il marito con un altro clan criminale del territorio, i Baticchi, ha per anni subito minacce e violenze dal clan rivale, soprattutto dopo la morte dello zio del marito, un potente boss rivale. A quel punto la violenza degli Spada si è scatenata contro la sua famiglia con botte e torture, sottrazioni di case (nello scenario feroce del racket delle occupazioni, oltre che di quelli dello spaccio e dell’usura), fino alle feroci minacce contro il figlio della donna. Tamara Ianni racconta di un episodio agghiacciante in cui Enrico Spada, sieropositivo, si era messo in bocca delle lamette per sputare sangue infetto sul suo bambino di due anni: una delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso spingendola a denunciare. L’altra quando le hanno puntato una pistola in bocca minacciandola di morte se non si fosse prostituita per portare a loro più soldi dei già dovuti 500 euro a settimana. Un vero inferno, vissuto tra ambienti criminali in concorrenza e territorio omertoso. Da quando ha denunciato, la famiglia di Tamara ha tagliato con lei e con il marito, anche lui nel programma di protezione, tutti i ponti. Ma lei è felice così e ora sogna solo una vita normale, per lei e per i suoi tre figli.

L’enigmatica Eva Mikula e la Banda della Uno bianca

Definirla un personaggio complesso, e anche enigmatico, è un eufemismo. Eva Mikula, a soli 19 anni fu la super teste che incastrò i criminali della Banda della Uno Bianca. La giovane romena era infatti la compagna di Fabio Savi uno dei criminali, gli altri erano tutti poliziotti in servizio, che seminò terrore e morte in Emilia Romagna, tra il 1987 e il 1994, momento della loro cattura. Ed è proprio sul momento della cattura, in particolare di Fabio Savi, che Eva Mikula rivendica un ruolo fondamentale, ruolo però che la verità processuale non riconosce. Gli atti infatti, la definiscono "consapevole, ma non complice" e l’intervista di Francesca Fagnani cerca di scavare dentro il muro dietro cui si trincera questa donna, che ribadisce più e più volte di non avere nulla di cui chiedere scusa e di essersi sentita anche lei vittima. Proprio per questo, nel 2015, fa l’incredibile gesto di chiedere di aderire all’Associazione dei Famigliari delle vittime della Uno Bianca, e la risposta è facile da immaginare. Mikula però non molla, e dice che i familiari le dovranno chiedere scusa, quando si saprà "la verità" sulla cattura di Savi, intendendo che, in quel momento, emergerà il suo vero ruolo. Certo è che ci sono passaggi dell’intervista che confermano e rafforzano l’idea dell’enigmaticità del personaggio.

Massimo Bossetti fa arrabbiare Francesca Fagnani

L’intervista più attesa di questa serata crime di Belve era però quella di Massimo Bossetti. La conversazione è stata registrata all’interno del carcere di Bollate, dove il muratore sta scontando tre ergastoli per l’uccisione della piccola Yara Gambirasio. Un’intervista in cui Bossetti sembra davvero freddamente convinto delle sue rimostranze e della sua richiesta di rifare il test del dna, anche davanti alle innumerevoli volte in cui Fagnani si ferma a spiegare che il dna è stato già analizzato e che il suo era sugli indumenti, anche intimi della povera Yara. Bossetti racconta un episodio, in carcere, dopo aver saputo dei tradimenti della moglie, che fa molto riflettere. Dice infatti di aver tentato il suicidio, ma di non ricordare niente, solo che l’hanno ritrovato con la testa dentro il lavandino e una corsa al collo. E la conduttrice non può che sottolineare, in forma di domanda, che lo stesso meccanismo di rimozione, che ha raccontato nel caso del tentato omicidio, potrebbe aver funzionato anche in un altro momento della sua vita. La giornalista poi è costretta a intervenire quando Bossetti si permette di avanzare dubbi descrivendo il modo in cui il padre di Yara ha reagito nei giorni successivi alla perdita della figlia, sembrandogli strano che andasse in cantiere con una figlia scomparsa. Frasi veramente insopportabili da ascoltare e di cui la conduttrice giustamente sottolineata l’inopportunità: "È sbagliato commentare o discutere qualsiasi atteggiamento abbia un genitore che abbia perso una figlia e tra l’altro i genitori di Yara sono stati sempre dignitosissimi e in silenzio", ha detto la Fagnani visibilmente piccata. Per poi concludere: "Ma lei si rende conto perché sta qua e cosa sta dicendo nei confronti di un genitore che magari va in cantiere forse solo per distrarsi un attimo?".


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