Le Iene, top e flop: Lea Gavino vittima (come le altre), Michele “Wad” Caporosso fuori focus e i dubbi su Alessia Pifferi

Durante la puntata dello show di Italia Uno di martedì 14 maggio tanti i servizi interessanti ma anche momenti che fanno discutere: ecco le cose migliori e quelle peggiori della serata

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Tante storie e inchieste, riflessioni e polemiche. Anche nella puntata de Le Iene, andata in onda martedì 14 maggio su Italia1 e condotta da Veronica Gentili e Max Angioni, il pubblico ha potuto seguire servizi di inchiesta e approfondimento molto interessanti, intervallati anche da pezzi di comicità sferzante e dai monologhi di ospiti in studio. Vediamo le cose migliori e quelle più discutibili con il top e flop della puntata.

Le Iene, puntata del 14 maggio: i top

Un lavoro di ricostruzione dettagliata su uno dei casi di cronaca più seguiti degli ultimi tempi. E’ il servizio di Antonino Monteleone, Francesco Priano e Alessia Rafanelli sul caso di Alessia Pifferi, la donna che ha provocato la morte della figlia Diana di soli diciotto mesi, lasciandola abbandonata a sé stessa per giorni, e che proprio nelle ultime ore è stata condannata all’ergastolo perché ritenuta dai giudici totalmente cosciente e responsabile dell’accaduto. La tesi della difesa è sempre stata che Alessia Pifferi sia una persona disturbata e affetta da un grave deficit mentale che incide sulla sua capacità di intendere e di volere. Alla donna in carcere era stata diagnosticata da due psicologhe un importante deficit cognitivo. A gennaio queste due psicologhe sono state accusate di aver falsificato la perizia in accordo con l’avvocato della Pifferi e sono tutte ora oggetto di inchiesta. I tre inviati de Le Iene ripercorrono i passi del dibattimento che hanno portato alla condanna della donna soffermandosi in particolare su questo aspetto chiave e sui dubbi che lo circondano.

Interessante il monologo di Lea Gavino, che parla della violenza di genere in un’ottica un po’ diversa ma importante, ovvero, la distanza che mettiamo con le vittime, in particolare tra le donne, che tutte hanno sperimentato prima o poi l’esperienza delle molestie, degli abusi, e della violenza che ha tante forme. Un discorso che vuole far riflettere sulla necessità di usare l’empatia verso chi passa attraverso le stesse esperienze, in tutte le loro forme."Parliamo delle donne vittime di violenza con un’espressione generica e fredda, come se davvero potesse esserci una distanza tra noi e loro. Ma noi tutte sappiamo che questa distanza in realtà c’è solo per quello che riguarda le estreme conseguenze". Dice l’attrice, invitando le donne a specchiarsi nelle altre e ad attingere alla propria empatia verso qualcuno che ha passato un’esperienza comune. E conclude: "Io sono Lea Gavino, ho 25 anni e sono una donna vittima di violenza"

Flop Le Iene

Diamo il primo Flop al monologo di Michele Wad Caporosso, ma non escludiamo che il limite sia il nostro. Il monologo è sui pensieri e le parole, ma non si capisce molto di quello che dice, perché affastaglia concetti diversi saltando da una cosa all’altra e non si capisce esattamente dove voglia andare a parare. Il punto di partenza è interessante "Incontro artisti italiani e internazionali da anni tutti i giorni e mi accorgo che la temperatura del linguaggio è tiepida". Quindi il focus dovrebbe essere artisti o non artisti anestetizzati: "Tu non pensi quello che pensi, pensi quello che si pensa", una cosa del genere, e qui la questione si complica. Quindi si parte da una generalizzazione e va bene perché può essere utile per ragionare, ma non si capisce per andare dove, "qualcuno ci ha insegnato a parlare e poi qualcun altro ha svuotato di senso le parole" (chi?!). Wad ci fa fare un salto mortale e ci spostiamo sul rapper iraniano condannato a morte per la sua canzone, e i rapper di tutta Italia ("nessun famoso") che non hanno detto niente invece di creare un movimento di opinione pubblica che possa contribuire a salvargli la vita, sacrosanto! Ma il silenzio dei rapper forse non è dato dal fatto che dire qualcosa sia scomodo in questo caso, più probabilmente la verità è che c’è del disinteresse o magari addirittura la non conoscenza della notizia. Altro salto concettuale e si parla del fatto che i politici ce l’hanno con il rap, non tutti, Barak Obama, dice Wad, per esempio no. Le premesse erano buone, la storia del rapper da salvare era importante raccontarla, forse il focus è il disimpegno degli artisti che non fanno più sentire la loro voce su temi sociali scottanti, ma tutti i salti concettuali intorno a questo focus, se è questo, rendono complesso metterlo in evidenza, fino al gran finale bellezza con la domanda a effetto: "Cosa pensi di quello che pensi?". Dopo questo minestrone diremmo boh, ma sarà quello che pensiamo o quello che si pensa?

Altro Flop a persone che di lavoro vogliono fare gli insegnanti, quindi che dovrebbero educare le giovani menti e accettano di lavorare gratis, anche per due anni di seguito, in una scuola paritaria dove, per ottenere il punteggio utile per essere chiamati poi dalle scuole vere, quelle pubbliche, la preside impone loro di rinunciare ai soldi dello stipendio. Mettiamo subito bene in chiaro che queste persone sono vittime, senza se e senza ma, ma spostiamo un attimo il focus di questa gravissima vicenda. La cosa avviene in Sicilia, tra Cefalù e Termini Imerese, ma sicuramente anche altrove. Nelle due scuole private (che si sostengono con i soldi pubblici) al centro del servizio di Gaetano Pecoraro e Francesca Di Stefano ben 118 insegnanti hanno raccontato il sistema di sfruttamento che sarebbe stato messo in piedi dalla presidente della cooperativa che gestisce le due scuole. Ora, la cosa che stupisce, oltre ovviamente allo schifo di questo pizzo che va condannato in tutti i modi è però la mancanza totale di senso civico, ma anche di senso di categoria se vogliamo, di 118 persone che nella vita dovrebbero insegnare ai ragazzi a vivere anche da cittadini, prima di tutto il resto. E quando l’inviato delle Iene chiede giustamente, ad alcuni di questi insegnanti, perché non abbiamo denunciato, le risposte sono relative al fatto che poi non sarebbero stati più chiamati, quindi temevano di perdere la possibilità di essere sfruttati e di raccogliere quei pochi punti per aspirare a essere un domani chiamati per i ruoli nella scuola pubblica. Tutti si sentono giustamente vittima di un’ingiustizia, ma a nessuno che sia passato per la mente che accettando una situazione del genere, oltre al danno loro personale,quella ingiustizia contribuivano ad alimentarla, a danno di altri insegnanti che sarebbero stati costretti a passare per lo stesso inferno. Perché un sistema malavitoso, criminale, illecito si rafforza e cresce esattamente con questo meccanismo. Non ci sfugge comunque che stiamo parlando di una storia, che è legata alla tragedia della mancanza di lavoro che toglie dignità ed energia alle persone esponendole al pericolo di cadere nei meccanismi criminali.


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