Suicidio, le Iene rilanciano: "Nostra libertà non è negoziabile"

Il creatore del programma Parenti ha parlato della vicenda di Roberto Zaccaria: "Alzeremo il livello di guardia ma non cambiamo"

Davide Parenti
Fonte: Screenshot

Non si placano le polemiche che da ormai diversi giorni stanno travolgendo Le Iene: il programma di Italia 1 è al centro della bufera a causa della morte di Roberto Zaccaria, il 64enne che si è tolto la vita in seguito ad un servizio che lo vedeva protagonista, additato come colpevole di catfishing. Pur non contestando la responsabilità dell’uomo, che aveva ingannato un ragazzo online portandolo al suicidio, il pubblico è indignato per il metodo giornalistico utilizzato da Le Iene. Dopo l’intervento di Piersilvio Berlusconi, che ha condannato l’accaduto, ha parlato anche Davide Parenti, creatore del programma.

Le Iene, la lettera aperta di Davide Parenti

Lo ha fatto tramite una lettera aperta, pubblicata in esclusiva su Prima Online. Dopo aver riassunto l’intera vicenda, il patron del programma ha dichiarato: "Il sabato successivo al servizio, a quattro giorni dalla messa in onda, Roberto si è tolto la vita. Da allora non smettiamo di domandarci qual è il limite, come bilanciare il diritto a fare informazione su fatti importanti e il diritto alla privacy, anche quella di chi è responsabile di questi fatti. Molti, dopo la morte di Roberto, hanno sollevato critiche sul nostro modo di raccontare, hanno sostenuto che è stato sbagliato, eccessivo. Accogliamo tutte queste critiche". Parenti ha poi parlato della reazione di Piersilvio Berlusconi, che ha criticato la trasmissione sostenendo che una cosa del genere non deve più accadere: "Al nostro editore, come ad altri, il servizio non è piaciuto, ed è legittimo.
Quello che facciamo può non piacere, è migliorabile – siamo esseri umani. La nostra libertà di farlo non è negoziabile col gusto di una platea, per quanto ampia".

Nonostante si sia detto profondamente turbato da quanto accaduto, Davide Parenti ha però tenuto a difendere il proprio lavoro e l’inviato Matteo Viviani, ritenuto per certi versi responsabile della morte di Zaccaria: "Chi fa il nostro lavoro si muove sul filo sottile della libertà di cronaca, una funzione delicatissima, per questo tutelata dalla Costituzione e disciplinata dalla legge. C’è poi un terzo elemento di cui chi fa comunicazione non può non tenere conto, la sensibilità collettiva, che negli ultimi anni ha fluttuato in modo continuo. Molti oggi vorrebbero collegare il gesto di Roberto Zaccaria al fatto di essere stato incalzato da un nostro inviato, perché ha trovato il suo modo irruente, violento. Eppure esiste una differenza tra sensibilità e nesso di causalità". In ogni caso, l’autore ha ammesso: "Il servizio sulla morte di Daniele andava fatto meglio, ma andava fatto […]. A sessantacinque anni ogni giorno ancora imparo che posso fare meglio. Alzeremo il livello di guardia, cambieremo alcune modalità di approccio ai fatti e alle persone. Non cambierà la nostra attenzione alla società, alla politica e la necessità di raccontarne storture e iniquità. Non abbiamo nessuna intenzione di ignorare ogni suggerimento utile e dato in buona fede su come migliorare il nostro lavoro.
E soprattutto, non abbiamo nessuna intenzione di smettere di darci da fare".


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