Un Posto al Sole, Patrizio Rispo: "Raffaele è parte di me, mi ha fatto fare bella figura anche con Madonna"

L'interprete dell'amatissimo portiere di Palazzo Palladini racconta in questa intervista a Libero Magazine quasi trent'anni sul set della storica serie di Rai Tre

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Più di 27 anni di lavoro (e vita), quasi 7000 puntate alle spalle, l’equivalente di 2000 film, Patrizio Rispo, l’interprete di Raffaele Giordano, il portiere di Palazzo Palladini, è più di un attore del cast di Un Posto al Sole, è l’icona stessa del programma, ruolo che porta avanti con grande orgoglio. In questa intervista ci racconta di più di questa straordinaria esperienza che va avanti da quasi 30 anni, del segreto di un successo così longevo, del suo rapporto con un personaggio che ormai è una seconda pelle, e di molto altro.

Un Posto al Sole, intervista a Patrizio Rispo ovvero Raffaele Giordano

Patrizio Rispo, il suo Raffaele Giordano, l’amatissimo portiere di Palazzo Palladini, è forse il personaggio più rappresentativo del grande cast di Un Posto al Sole, le piace questo ruolo?

"Io per scherzare ai miei colleghi dico: ‘voi siete gli attori, ma io sono il brand!’ perché sono un po’ l’ambasciatore, il ministro degli esteri di Un Posto al Sole, lo rappresento un po’ ovunque e sono felicissimo di farlo".

E allora, lei che ne è l’icona, ci sveli qual è il segreto del successo di Un Posto al Sole, così grande e longevo

Gli elementi che hanno concorso al successo di questa serie sono molti. Intanto Un Posto al Sole negli anni si è trasformata da semplice prodotto televisivo a meta-televisione, così è percepita dai telespettatori. Loro sono convinti che esista Raffaele Giordano e quando mi fermano credono che io sia come lui e io scherzando dico che sono diventato un "sano bipolare", perché veramente io vivo più quella realtà lì che la mia. Consideri che noi stiamo anche dieci ore al giorno sul set e io frequento più la famiglia di scena che la mia, i miei figli di Un Posto al Sole li vedo più dei miei. Un po’ come il pubblico, che vede meno i parenti e gli amici che noi. Inoltre in tanti anni che ci seguono, i telespettatori ci hanno visto crescere, cambiare, sia come uomini che come attori, e quindi si è sviluppato un affetto molto particolare, veramente unico.

Un altro elemento che ci rende interessanti credo sia il fatto che noi trattiamo il quotidiano in tutti i suoi aspetti, compresi i più complessi. Sappiamo, per esempio, di essere visti in tutti i carceri d’Italia, quindi cerchiamo anche di proporre storie di esempio, cerchiamo di raccontare le cose in modo sempre solare, moralmente corretto, e di mandare anche dei messaggi importanti. Abbiamo praticamente toccato tutti gli argomenti di attualità più importanti in questi anni, dalla violenza sulle donne, all’omosessualità alla criminalità. In questo aiuta avere il personaggio di Giulia che gestisce un centro di accoglienza, mentre il personaggio di Viola che è guida turistica ci ha permesso di raccontare le bellezze di Napoli, della Campania e dell’Italia.

Quindi sono tanti gli elementi che appassionano di questo real drama (non soap!) e questo fa sì anche che il nostro pubblico sia molto vario per età e background. Siamo diventati un po’ una mezz’ora di focolare domestico in cui si interfacciano le varie generazioni.

Un Posto al Sole, Patrizio Rispo: "Raffaele è un lusso, mi ha dato la possibilità di interpretare centinaia di personaggi e allargare a dismisura la mia famiglia"

Come si fa, dopo 30 anni nei panni dello stesso personaggio, a trovare gli stimoli giusti ogni giorno?

Ma la cosa bella è che in realtà non è sempre lo stesso personaggio! Basti dire che con quasi 7000 puntate sulle spalle io ho fatto l’equivalente di più 2000 film, con degli stimoli narrativi che nella maggior parte delle altre situazioni non ci sono. Io con Raffaele ho toccato le corde più diverse: dalla tragedia alla violenza, dalla tenerezza alla commedia alla parodia a molte altre, per cui in realtà non è sempre lo stesso personaggio. Se tu hai un’occasione del genere come attore, e sai cogliere gli stimoli, hai in realtà la possibilità di fare centinaia di personaggi. E’ uno stimolo continuo, non certo routine, assolutamente. E poi c’è anche da dire che noi siamo padroni assoluti dei nostri personaggi: nel mio caso porto avanti il personaggio di Raffaele da quasi trent’anni, lo conosco molto meglio dei registi che invece si alternano, anche perché ho contribuito in modo determinante a dargli forma.

C’è un aspetto di Raffaele che ha intuito, ma è rimasto ancora solo latente, e che vorrebbe sviluppare?

No, perché veramente di sfumature ne abbiamo messe in luce tantissime. Ultimamente forse si è dato meno spazio al lato della commedia, anche perché prima facevamo più esterne e le situazioni più divertenti erano più numerose e ora invece la storia ha virato di più su altri toni. Forse a volte mi fanno essere troppo buono, vorrei essere un po’ più aggressivo in certe situazioni, ma mi rendo conto, conoscendolo ormai bene, che questo non fa parte del personaggio. Però diciamo che dopo, tanti anni con il buon Raffaele, da attore, avrei voglia di fare un cattivo, per esempio un ricco spietato.

Ma che rapporto ha, veramente, Patrizio Rispo con Raffaele Giordano?

Io vedo Raffaele come un lusso che mi è stato regalato. Questo personaggio mi consente di rimanere, ancora alla mia età, vivace, curioso, fanfarone come Raffaele che mi riporto anche nella vita, anche perché poi chi mi ferma per strada vuole salutare Raffaele non Patrizio. E poi ovviamente, sono consapevole e grato per tutto quello che Raffaele mi ha dato anche rispetto all’affetto che oggi mi circonda: io grazie a lui ho allargato a dismisura la mia famiglia: ovunque vado trovo qualcuno che mi accoglie con un sorriso, con un gesto d’ affetto, con una gentilezza. Dovremmo tutti vivere coperti di queste attenzioni.

Ma c’è un aspetto di Raffaele che si è sforzato di accettare e interpretare perché proprio non fa parte del suo carattere e lo sente lontano da lei ?

No. Io ho tenuto da sempre, anche a volte andando contro gli sceneggiatori che avevano scritto un personaggio popolare, a non parlare napoletano stretto, a non sbagliare forzatamente congiuntivo o altro, perché io penso che proprio un ruolo popolare come il mio debba contribuire ad alzare il gusto non ad abbassare il prodotto. Per quanto riguarda le caratteristiche, ormai c’è un’osmosi tale che io posso dire di essere il frutto dell’unione tra Raffaele e Patrizio, non saprei dire dove finisce uno e inizia l’altro, e davvero non so oggi cosa sarei senza di lui.

Oggi Napoli gode di un’immagine risplendente, ma non era così quando avete iniziato, nel 1996: c’è qualcosa che ha fatto Un Posto al Sole per Napoli?

Sicuramente. Intanto io dico sempre che Napoli è la vera protagonista di Un Posto al Sole, poi c’è da dire che noi abbiamo scelto di raccontare una Napoli che non veniva quasi mai raccontata, una Napoli un po’ più borghese, ma anche quella più sana, più solare, perché invece si cavalcava sempre la faccia più problematica di questa città. Anche altre fiction e serie e film hanno poi raccontato Napoli in tanti modi diversi, ma noi siamo stati un po’ i precursori. Oggi assistiamo a continui pellegrinaggi nelle nostre location, e io ne sono testimone anche nel mio ristorante, dove arrivano persone per conoscermi e scambiare quattro chiacchiere da tutta Italia, dall’ Europa, ma anche dall’America e dal Canada.

Qual è stata in tutti questi anni, la storia che ha sentito più coinvolgente, tra tutte le vicende attraversate da Raffaele?

Ce n’è più di una. Tra quelle che sono state più intense e anche più faticose da girare sicuramente ci sono le scene della morte di Rita e tutta la reazione violenta che ne è conseguita quando Raffaele ha scoperto l’assassino: è stata dura perché mi portavo a casa quel terribile umore. Anche tutto il lungo periodo della cecità lo ricordo come un periodo di grande tensione, perché passavo tutta la giornata sul set senza mettere a fuoco gli occhi: è stato veramente stressante. Invece, dal punto di vista del divertimento, mi coinvolgo tantissimo con tutto la commedia che ho fatto e faccio con "mio cognato Renato": siamo due jazzisti, ci capiamo al volo, ci piace improvvisare e ci divertiamo veramente tanto.

Patrizio Rispo: "Ho condiviso la mia esperienza con la malattia nella speranza che potesse essere utile, e molti mi hanno ringraziato e mi scrivono ancora per questo"

Gli ultimi anni della sua vita, sei, sono stati anche segnati dal percorso intrapreso per sconfiggere una malattia, un carcinoma alla prostata, che lei ha voluto condividere pubblicamente: come mai ha deciso di parlare di questa esperienza? Questa scelta ha cambiato, in qualcosa, il suo rapporto con il pubblico?

Ho scelto di parlarne perché io stavo per affrontare un’operazione delicata che mi avrebbe creato notevoli danni, per mancanza di informazione, perché mi ero affidato al primo parere medico. Al momento di procedere con l’intervento, mentre io ero già pronto in sala operatoria, andò via la corrente elettrica e io lo presi come un segno e decisi di cercare altri pareri prima di decidere. Fui quindi indirizzato sulla sorveglianza attiva, tenendo sotto stretta sorveglianza il tumore e andando avanti così finché, grazie alla ricerca, è arrivata la radiofrequenza che mi ha tolto questi tumori senza crearmi nessun danno. Proprio perché è stata una serie di combinazioni a salvarmi da questa cosa ho voluta renderla pubblica, e non sa quante persone mi hanno scritto che le ho salvate parlando di sorveglianza attiva e condividendo la mia esperienza. Io credo che noi personaggi pubblici dobbiamo comunicare il bene e il male di quello che ci succede. Io sono diventato a un certo punto una fonte di informazioni e ancora oggi ricevo messaggi e telefonate per questo. Il mio rapporto con il pubblico è diretto e sincero e credo si percepisca, anche sui social: a volte il mio social media manager mi parla di orari, di tipi di contenuti da postare, ma io voglio che Instagram somigli a me, quindi quello che mi viene in mente pubblico, e questo vedo che è molto apprezzato e il rapporto con il pubblico è sempre più profondo.

Lei ha un curriculum artistico molto importante, ha lavorato con grandi nomi del teatro italiano, ma se all’inizio le avessero detto che il suo nome e il suo percorso artistico sarebbe esploso grazie a un personaggio di una "soap" televisiva, cosa avrebbe pensato?

Non l’avrei mai e poi mai immaginato. Quando iniziammo quest’avventura, nel 1996, "soap" era un termine dispregiativo, il riferimento era la telenovela sudamericana, quindi era considerata un po’ l’ultima spiaggia, ma poi noi abbiamo creato una cosa nuova da zero. Abbiamo inserito la socialità, l’attualità, la commedia, credo che abbiamo creato qualcosa di diverso e all’inizio era veramente impossibile immaginare che sarebbe durato trent’anni. Poi, a differenza di altre fiction dell’epoca per il cast non furono scelte facce, furono scelte professionalità e verità negli occhi: non eravamo tutte classiche "facce da tv" e abbiamo contribuito a creare questo nuovo prodotto mettendoci molto del nostro bagaglio. E la Rai ha il merito di averci consentito di sperimentare per un anno e mezzo, fino a quando non ci siamo assestati su drammaturgia, recitazione, orari, palinsesto, ed è quello che deve fare sempre il servizio pubblico: dare modo di sperimentare per arrivare a creare qualcosa di nuovo e di valore.

Ma è vero che Un Posto al Sole le ha fatto fare un figurone pure con Madonna?

Si. Io ho fatto il peggior film di Madonna e Guy Ritchie, Travolti dal destino, tornammo all’alba in barca dopo una notte infernale in mezzo al mare mosso. Quando sbarcammo prima scese lei, acclamatissima: "Madonna! Madonna!", strillavano i fan, dietro c’ero io, e quando mi hanno visto hanno iniziato a inneggiare a "Raffaele! Raffaele!", lei ovviamente era molto colpita e non capiva, si girò verso di me e mi chiese "Why?" e gli spiegai che facevo questa serie tv, lei si mise a ridere.

Cosa succederà quando Raffaele andrà in pensione? Vede qualcuno dei suoi colleghi più giovani in grado di raccogliere il prestigioso testimone di "icona" della serie?

Io credo che possiamo tranquillamente andare avanti fino al funerale di Raffaele, non la pensione, e che sarà un evento che farà grandi ascolti. Non ammetto sostituti. Non si abbandona un bersaglio quando hai fatto centro. Io ho fatto una lunga gavetta e so che cosa vuol dire avere dei risultati così.


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