Gino Paoli tuona contro Sanremo e Amadeus: "Spettacolo squallido". Cosa lo fa infuriare

Dichiarazioni forti del cantautore in merito alla partenza della nuova edizione del festival della musica italiana che si appresta alla sua 74esima edizione

Virginia Destefano

Virginia Destefano

Social Media Manager & Copywriter

Una passione smisurata per le serie TV. Laurea in Cinema, Televisione e New Media, videomaking e scrittura sono il mio passatempo preferito.

Con l’avvento della 74esima edizione del Festival di Sanremo, in partenza questa sera su Rai 1, tra le consuete polemiche e gli entusiasmi che caratterizzano il panorama musicale italiano, quest’anno spicca la voce critica del celebre cantautore Gino Paoli. Nel corso di una recente intervista per il podcast Tintoria, condotto da Daniele Tinti e Stefano Rapone e diffuso su YouTube e altre piattaforme di streaming, Paoli ha espresso apertamente il suo disinteresse nei confronti dello spettacolo sanremese, definendolo addirittura "squallido".

Le parole di Gino Paoli contro Sanremo

La dichiarazione di Paoli riflette una visione amara dell’evoluzione del Festival, una manifestazione che ha subito profonde trasformazioni nel corso degli anni. Secondo il cantautore, in passato le case discografiche inviavano le loro migliori opere al Festival, che rappresentava un’opportunità unica per la promozione della musica italiana.

Tuttavia, con il tempo, questo spirito è stato distorto dall’interesse commerciale, trasformando Sanremo in uno spettacolo dove le produzioni preconfezionate hanno preso il sopravvento sulla vera essenza della musica. Paoli critica non solo la trasformazione commerciale di Sanremo, ma anche la qualità delle canzoni presentate.

Il cambiamento negli anni

Egli sostiene che, in passato, il Festival rappresentava una vetrina per brani di alta qualità, selezionati attentamente dagli editori e caratterizzati da un impatto globale. Tuttavia, secondo Paoli, questa selezione accurata è stata sostituita da un approccio più superficiale, dove le canzoni di scarsa qualità trovano spazio a discapito di opere musicali genuine e significative.

"No, non guardo Sanremo. Una volta le case discografiche mandavano la canzone migliore che avevano, arrivavano le migliori canzoni. Era il Festival della canzone, non era neanche importante chi la cantasse. Poi le case discografiche si sono accorte del potere rituale che Sanremo ha per l’Italia e adesso fanno il prodotto finito e lo mandano a Sanremo. Da lì la televisione si accorge che lo spettacolo di Sanremo funziona, arriva non solo in Italia ma anche fuori, e allora si appropria di Sanremo e lo fa diventare lo squallido spettacolo che è adesso. Nani e ballerine, c’è un po’ di tutto. Lì contano gli scandali per far parlare".

Le parole di Paoli sollevano importanti questioni sullo stato attuale della musica italiana e sulla direzione che manifestazioni come Sanremo stanno prendendo. La critica del cantautore mette in luce la necessità di un ritorno alle radici del Festival, valorizzando la qualità artistica e promuovendo un approccio meno commerciale e più autentico alla musica. In un panorama dominato spesso da interessi economici e superficialità, le parole di Paoli ci invitano a riflettere sull’importanza di preservare l’integrità e la sostanza della musica italiana.


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