Alessandro Preziosi e Aurora Ruffino: "Ecco il nostro Black Out"

Dal 23 gennaio i due attori saranno protagonisti della nuova e attesissima fiction targata Rai 1: ecco cosa ci hanno raccontato durante la conferenza stampa.

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Black Out
Fonte: Ufficio Stampa Rai

In un elegante albergo nella Valle del Vanoi, nel cuore del Trentino, gli ospiti si godono le loro vacanze sulla neve nella spensieratezza di giornate sottratte ai soliti impegni e dedicate al relax, allo sport e alla possibilità di immergersi in una natura meravigliosa. Tutto cambia quando, all’improvviso, una valanga blocca la valle, intrappolando i turisti nel piccolo albergo. Senza possibilità di comunicare con l’esterno, in attesa dei soccorsi, dovranno unire le forze per salvare se stessi e i propri cari. È questa la trama della nuova serie prodotta da Rai Fiction con Eliseo Entertainment, Black out – Vite sospese, che promette di tenere incollato il pubblico di Rai 1 a partire dal 23 gennaio. Una storia di destini incrociati che unisce azione, oscuri segreti e sentimenti, e che vede protagonisti, tra gli altri Alessandro Preziosi, nei panni di Giovanni Lobianco, e Aurora Ruffino nei panni di Lidia, giovane carabiniera del paese. I due attori ci hanno raccontato dettagli e retroscena della serie.

Alessandro Preziosi, chi è Giovanni Lobianco, il suo personaggio in Black Out?

È un padre che ha appena perso la moglie, e che arriva in montagna con i suoi figli per una vacanza. La sua difficoltà, già elevata, crescerà poi in maniera esponenziale a causa di un incontro inaspettato e legato a un passato oscuro, che lo scaraventerà in un vero e proprio corto circuito. Fino a quando poi le faccende personali non verranno assorbite dal disastro che coinvolge tutti.

Un personaggio ambiguo, che nasconde la sua storia anche alla sua famiglia. È più preoccupato dalle ombre del passato o dal deludere i figli?

Da solo non si troverebbe in una posizione così difficile: se non ci fosse la calamità naturale, probabilmente, si comporterebbe in maniera diversa. L’errore più grande che puoi fare quando sei alle strette è agitarti troppo, perché in questo certamente farai peggio. E credo che il grande tallone d’Achille di Giovanni sia che, per non dire la verità ai propri figli, crea un effetto a catena disastroso.

C’è qualcosa di Giovanni Lobianco in cui si rivede?

Di questo personaggio forse la cosa che mi risuona di più è la speranza, che lo porta a combattere con tutte le sue forze per salvare se stesso e le persone a cui vuole bene. Penso che in una situazione simile, sia inevitabile tirare fuori il coraggio e continuare a sperare.

La montagna è una sorta di personaggio silenzioso in questa fiction. Che rapporto ha con questo ambiente?

Ottimo, direi. Sicuramente agli scarponi preferisco le ciabattine da mare, e se devo scegliere un’attività preferisco farmi una bella nuotata. Ma sono comunque un grandissimo sciatore.

Ci sono elementi di novità, in questa fiction, che possono particolarmente attrarre il pubblico?

Si tratta, di base, un disaster movie: penso che sia la prima volta in cui, in Italia, si vede una serie di questo genere. Si parte da un grande disastro naturale, che spinge poi i personaggi a darsi da fare per uscirne e risalire la china, dando quindi avvio alla storia. In questo credo sia originale.

Aurora Ruffino, i racconti di Lidia, il personaggio che interpreta in Black out – Vite sospese.

La cosa che più amo di Lidia è la sua complessità e il fatto che affronti una trasformazione importante. All’inizio è una ragazza inconsapevole di se stessa, delle sue scelte, che lavora nella valle e non ha mai avuto a che fare con grandi problematiche. Poi vive vari eventi traumatici – prima, durante e dopo la valanga – sia di tipo personale che legati alla catastrofe.

Per esempio?

Attraversa un lutto e deve affrontare la responsabilità che sente nel gestire una situazione più grande di lei. Dopo la valanga rimane l’ultima figura a rappresentare le forze dell’ordine. Vive quindi una vera e propria crisi esistenziale, che però rappresenterà per lei un momento fertile per riflettere su se stessa e scoprire chi è realmente.

In cosa crede di essere simile a lei?

Mi sono rivista nel mio personaggio proprio perché anch’io sto vivendo una fase di vita simile. Mi sento in un momento di grande trasformazione, cambiamento, consapevolezza, che non ho idea dove mi porterà. Ma è anche questo il bello.

Un percorso non semplice, ma necessario per tutti. Lei come lo affronta?

Le crisi, i momenti in cui ti metti in discussione, non sono situazioni facili: ci sono giorni in cui ti senti più consapevole, altri in cui ti senti più giù, come succede anche a Lidia. Il fatto che in un certo momento non vedi una prospettiva nitida davanti a te ovviamente ti disorienta, ma c’è sempre una doppia faccia della medaglia.

Cosa intende?

Non sapere esattamente dove stai andando vuol dire che probabilmente non hai idea nemmeno delle meraviglie che ti aspettano. E, al contrario, magari quando segui solo una strada e sei pieno di certezze, rischi di non dare alla vita la possibilità di sorprenderti. Questi sono aspetti molto interessanti per me.

La montagna è un ambiente bellissimo, ma che si porta dietro anche delle oggettive difficoltà: com’è andata la lavorazione di Black Out?

In effetti è stata piuttosto complessa. Spesso i set erano lontani da raggiungere rispetto a dove avevamo i camper e i camerini, perché erano luoghi non raggiungibili in auto. Poi ovviamente ricordo un gran freddo. Insomma, non è stato proprio semplice, ma ce l’abbiamo fatta e siamo soddisfatti.

Quali sono i ricordi più belli di questa esperienza?

Quello che ho amato di più è stato andare in motoslitta. Mi sono divertita molto. Poi io mi sono innamorata dei torrenti, dei colori di quelle zone. Sono rimasta affascinata dal turchese meraviglioso dei laghetti e dei corsi d’acqua. È la cosa che più amo della montagna, e ho potuto goderne in pieno.

Secondo lei, cosa piacerà di più al pubblico?

Io non ho mai visto in Italia serie che mi ricordano Black Out, dove si parla di catastrofi, legate alla neve e alla montagna. E nemmeno in cui ci siano misteri, suspence, un cast internazionale, dove sul set si parlavano diverse lingue. Secondo me è una serie che può attrarre anche una generazione più abituata alle produzioni internazionali e meno interessata, finora, alle fiction nostrane.

Di Valentina Di Nino


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