Vasco Rossi, la sua vita spericolata: “Senza anfetamine non mi alzavo dal letto”. Poi la frecciata a Sinner: “Le tasse vanno pagate in Italia”

Tante confessioni a cuore aperto del rocker di Zocca in un’intervista in cui racconta passato e presente di una vita spesso al limite

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Due pagine fitte di confessioni, aneddoti, ricordi e tanta sincerità. Vasco Rossi racconta la sua vita spericolata in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui parla di tutto, dall’evento che ha segnato una svolta nella sua vita, la morte del padre ai turbolenti anni ’80, dagli eccessi al carcere, dai figli agli amori (solo due, il resto solo sesso) fino alla passione per la filosofia e alla sua visione politica che comprende il dovere di pagare le tasse. Una frase che, a molti, è sembrata una frecciata polemica ai tanti vip, come Jannik Sinner e molti altri che, una volta raggiunto il successo e la ricchezza cambiano la propria residenza fissandola altrove, perlopiù a una manciata di chilometri da Ventimiglia.

Alla domanda su, se si sia mai ritenuto comunista, Vasco Rossi infatti risponde che no, lui è stato anarchico e poi si è avvicinato alle battaglie per i diritti civili dei radicali, oggi dice di non votare, ma: "Solo in fatto di tasse sono un po’ comunista…Non pagare le tasse è una vergogna. Io sono italiano, fiero e orgoglioso di esserlo, e ho voluto mantenere la residenza in Italia. Voglio e debbo versare tutte le tasse al mio Paese. Se guadagno, vuol dire che posso pagare. Sono favorevole anche a un’imposta sul patrimonio: chi ha di più deve dare di più. E dovrebbero pagare le tasse pure le multinazionali, a cominciare dai padroni della Rete". Insomma, più che un discorso comunista, un’assunzione di responsabilità civile che, numeri sull’evasione fiscale alla mano, non è certo universalmente condivisa da vip e nip.

Ma, al di là delle riflessioni sulla cosa pubblica e sulle stoccate a chi se ne lava le mani, Vasco Rossi racconta molto della sua vita privata, a iniziare dagli anni ’80, che per lui segnarono il successo ma anche la caduta. Finì in carcere e racconta che in quei lunghissimi giorni di isolamento, l’unico collega che lo andò a trovare fu Fabrizio De Andrè insieme a Dori Ghezzi. Il rocker di Zocca spiega il suo rapporto con le droghe in quel momento della sua vita: "Le ho provate tutte, tranne l’eroina", come aveva già raccontato nella docu-serie Netflix Il Supervissuto dice che, grazie alle anfetamine, riusciva a tirare avanti anche tre giorni senza dormire. Dopo l’arresto, la svolta:"Mi sono disintossicato da solo, senza bisogno di andare in comunità. Dopo la galera sono tornato a casa, a Zocca, e non ne sono uscito per otto mesi. Senza anfetamine non riuscivo ad alzarmi dal letto. E in tanti erano contenti".

In questa vita turbolenta, Vasco Rossi dice di aver amato solo due donne, la prima, tale Paola, e l’ultima, la moglie Laura."Paola, una femminista che si era prefissata di distruggermi, e ci è riuscita. Il colpevole di diecimila anni di patriarcato ero io… Dopo di lei, e prima di Laura, mia moglie, è stato solo sesso. Tutte le canzoni in cui sono arrabbiato con le donne me le ha ispirate Paola; dovrei darle i diritti d’autore".


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