Su Rai 3 il dramma di Dea, uccisa da un ex assessore leghista

Nella puntata di Un giorno in pretura in onda il 30 luglio Roberta Petrelluzzi racconta il processo a Franco Vignati, condannato per l'omicidio di Lavdije Kruja

Un giorno in pretura
Fonte: Ufficio Stampa Rai

Continuano le repliche di Un giorno in pretura, in onda ogni sabato nella seconda serata. Lo storico programma di Rai 3, condotto come sempre da Roberta Petrelluzzi, torna il 30 luglio con una nuova puntata dal titolo Delitto sul Po, dedicato all’omicidio di Lavdije Kruja. Ripercorriamo la sua storia.

La storia di Dea, uccisa e ritrovata nel Po

Lavdije Kruja, detta Dea, aveva 40 anni ed era nata in Albania. Viveva in Italia, più precisamente a San Colombano al Lambro, in provincia di Pavia, dove lavorava come badante e stava per ottenere la cittadinanza italiana. La sua era una vita tranquilla, come tante altre, fino al 30 maggio 2016, quando all’improvviso si sono perse completamente le sue tracce. Il suo corpo è stato ritrovato soltanto dieci giorni dopo nel fiume Po, con un’evidente ferita da arma da fuoco al cranio: secondo le prime ricostruzioni, l’omicidio sarebbe stato premeditato, e non il frutto di un momento di rabbia improvvisa. Le indagini si sono subito concentrate su Franco Vignati, ex assessore del comune di Chignolo Po ed esponente della Lega, il compagno della vittima. L’uomo, di 22 anni più grande di Dea, è stato l’ultimo a vederla viva: gli inquirenti hanno da subito iniziato ad indagare su di lui, diventato immediatamente il primo sospettato.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, il giorno della scomparsa di Kruja Vignati l’aveva accompagnata in un capannone industriale dove la donna avrebbe avuto un colloquio di lavoro, procuratole dal compagno grazie ad una raccomandazione e alle sue conoscenze in politica. Secondo l’accusa, però, si sarebbe trattato soltanto di una trappola tesa dall’ex assessore per convincere la fidanzata ad allontanarsi insieme a lui. In più, Dea aveva deciso di lasciare Vignati, e ciò avrebbe scatenato la sua rabbia. A convincere gli inquirenti della colpevolezza del politico è stata anche la presenza sui suoi vestiti di diverse tracce di polvere da sparo e la detenzione dell’arma del delitto, una pistola calibro 7.65, nella casa della sua ex moglie. Un anno e mezzo dopo il delitto, i Carabinieri hanno arrestato Franco Vignati, condannato all’ergastolo per omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione. Nel processo di secondo grado, poi, la pena è stata ridotta a 25 anni e la Corte ha escluso la premeditazione: l’assessore si è sempre dichiarato innocente.


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