Claudio Castrogiovanni: “Giusy Buscemi emana luce. Vanina 2? Vorrei che il pubblico scoprisse Spanò”

L’attore, tra i protagonisti della fiction Mediaset, racconta la sua esperienza sul set, il suo personaggio, la svolta della sua vita e il suo rapporto con il successo

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

Il pubblico lo ha seguito nelle ultime settimane nel ruolo di Carmelo Spanò, l’ispettore capo nella squadra di Vanina, la vice questore di Catania interpretata da Giusy Buscemi nell’omonima fiction di Canale 5, ma Claudio Castrogiovanni è un veterano, oltre che del grande schermo (ha esordito con Tornatore in Malena), anche delle serie tv, avendo partecipato ad alcune delle fiction italiane più amate dal pubblico, da Il Capo dei Capi (in cui interpretava il boss Luciano Liggio) a Il Cacciatore, passando per Squadra Antimafia e Circeo, solo per citarne alcune. In questa intervista a Libero Magazine, Claudio Castrogiovanni riflette sul successo della fiction Vanina, racconta il suo rapporto con il personaggio di Spanò, e come è successo che un giorno ha deciso di lasciare il lavoro di avvocato per tentare di entrare nel mondo dello spettacolo.

Claudio Castrogiovanni, intervista all’attore della fiction Vanina

Claudio Castrogiovanni, sei reduce dal grande successo di Vanina, ma sei anche un veterano delle fiction tv, un esperto di questo genere: secondo te quali sono stati gli elementi di questa serie che l’hanno portata a essere tanto seguita dal pubblico?

Leggevo che questa fiction ha raggiunto negli ascolti le grandi fiction Rai, per la prima volta dopo anni. Io ho cominciato con le fiction Tao Due che facevano su Mediaset anche il 28%, da allora però le cose sono cambiate, e Vanina segna un grande successo. Questa serie ha tanti elementi che funzionano, partendo dalle storie dei libri, dall’adattamento perfetto, dalla regia di Davide Marengo che ha tutto il meccanismo narrativo sotto controllo anche le linee secondarie e i momenti di colore sono curatissimi e mai banali. La produzione ci ha permesso di girare quattro mesi e mezzo a Catania, e questo ha fatto sì che la città ci si è appiccicata addosso, e siamo riusciti a restituire questo nelle storie raccontate. Di sicuro il pubblico si è divertito e si è appassionato. Ci hanno scritto in tanti che non vedono l’ora che arrivi la seconda stagione.

E cosa ci dici di Vanina Guarrasi, Giusy Buscemi: come ti sei trovato a lavorare con lei sul set?

Giusy non la conoscevo, è stata una scoperta umana mostruosa. Ci siamo subito trovati in grande affinità, abbiamo avuto lo stesso rapporto dei nostri personaggi, di complicità ironica e gaudente. Dal punto di vista professionale, penso che abbia fatto un lavoro enorme nel calarsi in un personaggio che è così lontano da lei. Giusy è solo luce, è solare, vivace, il buio di Vanina è molto lontano da lei. E’ stata bravissima, oltre a essere una persona molto curiosa e che lavora tantissimo sul set.

Parliamo del tuo personaggio, Carmelo Spanò: in cosa ti assomiglia e in cosa invece lo senti più lontano?

Ho fatto tanti personaggi in cui la seduzione del male dominava, ma la verità è che io nella vita sono una persona solare, sorridente, ho sempre voglia di fare la battuta. Io che da siciliano vengo dalla terra del dramma, da venticinque anni che sono a Roma e dopo aver sposato una romana ho imparato il sarcasmo e la battuta fulminante. Quindi l’ironia di Spanò mi appartiene tutta. Sinceramente mettermi nei panni di Spanò è stato facile, è un personaggio in cui mi sono subito trovato a mio agio, anche nei suoi aspetti più lontani da me, per esempio nel suo non accettare molto bene il tempo che passa, mi ha comunque divertito. Poi, spero che, se si farà una seconda serie, il pubblico possa scoprire di più di lui.

Per mettersi nei panni di un poliziotto di Catania come Spanò, quanto ha contato per te essere nato proprio in quella città?

Posso dire che Spanò mi ha fatto tornare bambino. Ho vissuto la mia prima infanzia a Catania, ricordo alcuni amici dei miei genitori che erano poliziotti, e alcuni atteggiamenti, un certo modo di porsi, sempre sorridenti anche quando erano messi in situazioni scomode, difficili, l’ho respirato. Fare il poliziotto in Sicilia, soprattutto in alcuni territori, non è facile, io sono laureato in Giurisprudenza, ho fatto la pratica da avvocato, ma l’idea era fare il magistrato. Era come una cosa naturale in quegli anni, ti veniva da dire: "ma cacchio, io voglio fare qualcosa per questa terra!", quindi immaginate cosa vuol dire fare il responsabile di pubblica sicurezza in certe zone, io quei poliziotti li ho conosciuti e ho cercato di metterli in Spanò.

Quindi, fino a un certo punto della tua vita hai fatto l’avvocato, com’è successo poi, che hai cambiato strada?

Io fino ai 24 anni avevo una strada tracciata davanti a me. Mi ero laureato in Giurisprudenza, facevo l’avvocato, l’unica crepa in questo quadro perfetto era una band formata con dei miei cari amici con cui a Messina, dove vivevo allora, facevamo concerti nei locali. Mi arrivò una telefonata di Massimo Romeo Piparo che mi aveva visto suonare in una di queste occasioni e mi ha proposto di fare un provino per il suo Jesus Christ Superstar. L’ho fatto e, totalmente inconsapevole, sono finito sul palco a fare un grande musical, poi ne ho fatti altri, in cui c’erano anche parti recitate. Lì ho riconosciuto questa forte voglia di esprimermi e ho deciso di mollare la carriera legale. Mi sono trasferito a Milano per studiare recitazione. I miei non l’hanno presa benissimo all’inizio e mi hanno fatto capire che, vista la mia scelta, dovevo cavarmela da solo. A Milano fatto mille lavori per mantenermi e pagarmi gli studi ed ho imparato molto, non solo sul lavoro che volevo fare, ma sono molto cresciuto a livello umano.

Insomma, non una passeggiata. Ad oggi faresti di nuovo la stessa scelta?

Oggi non immagino nemmeno lontanamente di poter fare altro di diverso dall’attore. Da qualche anno mi dedico anche all’insegnamento di questo mestiere e dico sempre ai miei ragazzi che non si tratta di un mestiere facile, perché ti mette sempre a contatto con il rischio di essere giudicato e rifiutato, ma ti spinge anche a cercare dentro di te non solo le cose più positive, ma anche il buio che poi devi restituire ai personaggi. Non è tutto rose e fiori questo lavoro, accettato questo, si riesce ad andare avanti meglio.

La soddisfazione professionale più grande di Claudio Castrovillari qual è stata finora?

Non mi fermo mai ai risultati raggiunti, cerco di guardare avanti e godermi tutto il viaggio. Poi è ovvio che se ti arriva un’opportunità come quella di una fiction come Vanina in cui il regista e Mediaset hanno subito pensato che fossi perfetto per il personaggio è veramente una grande soddisfazione. E non posso certo negare che Il Capo dei Capi sicuramente mi ha aperto una prospettiva lavorativa nuova importantissima, visto che io facevo all’epoca soprattutto il teatro.

Che rapporto hai con la tv da spettatore? La guardi? Cosa ti piace?

Io sono un divoratore di serie tv, non solo quelle delle piattaforme ma anche le fiction italiane. Penso che ci sia in questo momento anche una meravigliosa nouvelle vogue di ragazzi giovani e bravissimi, come Gaja Masciale e Michele Eburnea che seguo perché li conosco e li trovo bravissimi. Poi, avendo due figli, la verità è che non riesco sempre ad avere il controllo del telecomando. L’unica cosa che non mi perdo mai sono le partite della Roma, per cui tifo dal 1980. In quel caso, la tv è mia e non ci sono per nessuno!

In tv ti abbiamo visto tante volte impegnato in fiction di successo, ma visti anche i tuoi trascorsi musicali, l’esperienza nel musical, non ti vedresti un domani, anche in un altro contesto? Ballando, Tale e Quale, un varietà?

Oddio, no! L’unico modo per esprimere il vero me è nascondermi dietro una maschera, e questo mi permette di farlo solo la recitazione. L’unica cosa che farei, potrebbe essere Pechino Express, perché sono uno curioso, che ama tantissimo viaggiare, soprattutto zaino in spalla. Per tutti gli anni dell’università mi sono goduto al massimo l’Interrail, insomma quello lo farei, per il resto non mi ci vedo proprio.

Bisogna andare in coppia a Pechino Express, con chi andresti?

Con il collega e amico Gaetano Bruno, sicuramente! Siamo complici e condividiamo questo spirito di avventura, lui è un grande camminatore, e ce la caveremmo benissimo.

Il rapporto con i fan come lo vivi? E’ cambiato dopo il successo della fiction Vanina?

Devo dire di sì, e ho un polso infallibile della situazione. Proprio poco fa ero a fare la spesa al mercato, le signore del banco dove vado da cinque anni regolarmente l’altra mattina mi hanno detto: "Ma che sei Spanò tu?". E lì ho capito che le mie quotazioni con questo personaggio sono salite. Io comunque ho un rapporto molto bello con chi mi segue, da sempre, e la cosa che veramente mi piace è che il 90% delle persone che è capitato mi fermasse mi ha detto: "Apprezzo il tuo lavoro", e per me questa è la frase più bella.

Finita la prima serie di Vanina, quali sono i tuoi prossimi progetti, dove ti vedremo?

Al cinema. Ho girato un film da protagonista, Spiaggia di vetro, che è una storia che mi ha subito risuonato dentro, lo porteremo in alcuni Festival. Poi sarò impegnato anche in un film sul giudice Terranova di Pasquale Scimeca in cui tornerò a interpretare Luciano Liggio, l’idea è quella di raccontare un lato più intimo e inedito del boss.

Qual è il tuo sogno nel cassetto professionale che vorresti realizzare?

Mi piacerebbe fare uno di quei ruoli della grande commedia all’italiana, Amici Miei, Il vizietto. Personaggi che facevano ridere ma graffiando, non edulcorati, ma sinceri che non nascondono la durezza della realtà con l’ironia, ma la evidenziano.


Potrebbe interessarti anche