Verissimo, Stefano Tacconi: “Pensavo di essere immortale, e invece ho rischiato la vita”, e si commuove

La toccante intervista all'ex portiere che ha rischiato di morire e ora combatte per rimettersi in sesto sostenuto da tutta la famiglia

Valentina Di Nino

Valentina Di Nino

Giornalista

Romana, laurea in Scienze Politiche, giornalista per caso. Ho scritto per quotidiani, settimanali, siti e agenzie, prevalentemente di cronaca e spettacoli.

"L’abbiamo passata brutta. Pensavo di essere immortale, e invece c’è sempre qualcosa che non ti aspetti dietro l’angolo. E’ toccato a me…Per fortuna avevo mio figlio vicino , se no non so come sarebbe andata a finire."

Stefano Tacconi è finalmente potuto tornare a casa nei giorni scorsi, dopo diversi trascorsi tra ospedali e riabilitazione a seguito di un aneurisma che lo ha fatto finire in coma per molti giorni. L’ex portiere racconta la sua esperienza ospite di Verissimo. Seduto in sedia a rotelle, dimagrito, ma con lo sguardo e le parole che comunicano tanta voglia di vita, in apertura di intervista si commuove subito, ripensando al momento difficilissimo vissuto e superato.

Come è stato tornare a casa? Gli ha chiesto Silvia Toffanin ,e mentre Tacconi rispondeva: "Sono stato annaffiato dai miei cani", si emoziona e scoppia a piangere. Un’esplosione emotiva comprensibile, che lo diventa ancora di più quando un servizio ricostruisce i difficili mesi vissuti dall’ex portiere della nazionale che ha rischiato di morire.

Il 23 aprile, giorno del compleanno della moglie, Tacconi viene infatti colpito da un aneurisma cerebrale. Così l’ex portiere racconta quel giorno: "Ero stanco morto, dovevo capire che qualcosa non andava. Avevo i soliti fastidi, il mal di testa, ma non potevo immaginare che ci fosse qualcosa al cervello". E poi è stato il buio. "In questi mesi ho perso tante cose. Ho perso il matrimonio di mia nipote, i diciott’anni di mia figlia, però mi vedono ancora vivo, ed è quello che conta".

Qual è stata la cosa più complicata in questi mesi? Chiede la conduttrice, e Tacconi risponde: "A parte i primi tempi, di cui non ricordo niente perché ero in coma, sicuramente il dopo. Nonostante sia stato per molti anni un atleta, la riabilitazione è stata veramente dura, ho dovuto ricominciare da capo: a parlare, a camminare. Sono stato al don Gnocchi e poi mia moglie, che è devota di Padre Pio, mi ha "prenotato una vacanza" a San Giovanni Rotondo. Ringrazio tutti coloro che si sono presi cura di me: infermieri, fisioterapisti, mi sono stati appresso e mi hanno fatto lavorare per quattro mesi. Ho faticato tanto."

Che spirito hai oggi? "Mi dicono tutti che devo stare attento, ma io non riesco a stare fermo, però ho una famiglia che si prende cura di me." L’ex portiere racconta il grande sostegno avuto dalla famiglia che ora lo tiene sotto controllo e continua a stare al suo fianco nel percorso di recupero, a iniziare, ovviamente, dalla donna della sua vita. "Mia moglie si è sentita dire dai medici, "non sappiamo se suo marito arriva a domattina", una cosa durissima per una donna. Però anche lei è è tosta, è trentina."

Poi Silvia Toffanin fa entrare in studio il figlio Andrea, che era vicino a Stefano Tacconi quando si è sentito male e che racconta come ha aiutato il padre in quei momenti di paura.

"Se abbiamo superato questo, superiamo tutto. I primi mesi sono stati devastanti" ricorda Andrea. "Quel giorno dovevamo andare ad una fiera ad Asti. Lui l’avevo visto già dalla mattina sbianchito, aveva mal di testa, ma non immaginavamo quello che stava per succedere. Quando siamo arrivati alla fiera è sceso dalla macchina ed è caduto, già in coma. Ho pensato subito al cervello perché, fa ridere dirlo ma è così, ho visto tante puntate di Doctor House e ho visto le convulsioni e che non respirava. L’ho girato sul fianco e ho chiamato i soccorsi. In quei momenti fai cose che nemmeno tu sai cosa fai. La prima diagnosi era che non sapevamo nemmeno se sarebbe sopravvissuto al viaggio in ambulanza. Era il compleanno di mia madre e io non riuscivo a chiamarla per dirle questa cosa. Arrivati in ospedale ci hanno detto che quello che papà aveva avuto era un’aneurisma celebrale, è stato in coma per diverso tempo".

Poi, raccontano padre e figlio, dopo una delicata operazione e il risveglio, è iniziata la lunga riabilitazione. "Ho scoperto com’ero 66 anni fa", scherza Stefano Tacconi, "Senza camminare, senza parola. Ora non mi lasciano fare niente!" Anche la fede è stata importante in questo momento difficile. Andrea racconta infatti che la famiglia è devota a Padre Pio e quindi si sono aggrappati anche allo spirito per superare questa esperienza. Il percorso per il recupero di Tacconi andrà ancora avanti, ma intanto l’ex portiere ha già un desiderio da realizzare appena possibile: "Vorrei portare la mia famiglia in vacanza , che ce la meritiamo."


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