La Cina vuole una super AI e punta tutto sulle interfacce cervello-computer
La Cina sta correndo nel settore dell’Intelligenza artificiale, studiando la fusione cognitiva tra esseri umani e macchine tramite interfacce cervello-computer

Secondo alcune indiscrezioni condivise da Washington Times, la Cina starebbe strutturando un’ambiziosa strategia nella sua corsa all’intelligenza artificiale, immaginando la fusione cognitiva tra esseri umani e macchine.
Questo approccio molto più “sfrontato” rispetto alle strategie occidentali, si basa sull’impiego massiccio di interfacce cervello-computer, che permettono la comunicazione diretta tra il cervello umano e un qualsiasi dispositivo esterno.
Quale è il piano della Cina per l’intelligenza artificiale
Per la Cina queste BCI sono considerate l’unico mezzo per “potenziare le capacità cognitive umane e la collaborazione uomo-macchina”.
E, stando alle informazioni condivise dal Washington Times, sembra che la potenza orientale stia valutando diverse tecnologie. Le BCI invasive sono dei sistemi richiedono un intervento chirurgico per l’impianto di elettrodi direttamente nel tessuto cerebrale (sul modello di Neuralink di Elon Musk, per intenderci). Sebbene si tratti di un sistema estremamente potente, comporta notevoli rischi per gli utenti impiantati e, nel resto del mondo, sono oggetto di molte discussioni etiche.
Ci sono poi le BCI minimamente invasive, con i dispositivi che vengono impiantati ma non penetrano direttamente il tessuto cerebrale, offrendo un buon compromesso tra efficacia e invasività.
Infine ci sono le BCI non invasive che utilizzano sensori posizionati sul cuoio capelluto per monitorare l’attività cerebrale e, naturalmente, non necessitano di interventi chirurgici. Sono meno precise ma anche meno rischiose e più accessibili.
L’approccio della Cina è semplice e diretto e mentre gli Stati Uniti sono concentrati prevalentemente sullo sviluppo di modelli linguistici avanzati per l’intelligenza artificiale, dall’altra parte del mondo l’obiettivo è quello di raggiungere l’Intelligenza Artificiale Generale (AGI), un tipo di IA capace di svolgere compiti cognitivi con prestazioni pari o superiori a quelle umane. E per farlo, bisogna passare anche attraverso la fusione cognitiva tra esseri umani e macchine.
L’approccio della Cina all’AI e i dubbi degli USA
Diversi esperti del settore sono stati chiamati ad analizzare i documenti governativi cinesi che rivelano piani di finanziamento per l’IA, includendo appunto anche questo approcci “ispirati al cervello”. Da questi dati è emerso che la Cina sta investendo significativamente nello studio e l’applicazione di principi neurologici per lo sviluppo dell’AI con i media statali che starebbero già “sponsorizzando” una visione futuristica in cui l’IA diventerà una componente fisica intrinseca degli esseri umani, una prospettiva a lungo termine che va ben oltre la “semplice” automazione.
Questa accelerazione dell’innovazione cinese in materia intelligenza artificiale preoccupa gli Stati Uniti e vari esperti hanno già riconosciuto l’avanzamento tecnologico cinese, pur sostenendo che gli USA mantengono ancora una leadership globale.
L’approccio cinese alla fusione uomo-macchina, pur promettendo avanzamenti rivoluzionari e un potenziale superamento dei limiti delle AI attuali, solleva questioni etiche, di sicurezza e privacy estremamente complesse, che richiederanno un’attenta riflessione e dibattito a livello globale.
Al momento, anche se appare difficile che le tecnologie cinesi vengano utilizzate e approvate anche nel resto del mondo, non si può solo restare a guardare i progressi in questi settori e, anche se si tratta di una “strategia piuttosto aggressiva”, in controtendenza con quella occidentale, non ci sono dubbi sul fatto che la Cina sta facendo enormi passi in avanti, che avranno sicuramente ripercussioni a livello globale.