Anche per i colloqui di lavoro si usa l'AI ma la cosa non piace a tutti
Diventano sempre più frequenti i colloqui di lavoro sostenuti con un chatbot AI, uno scenario che sta “causando problemi” alle persone in cerca di occupazione
Con gli stravolgimenti tecnologici attualmente in corso sta cambiando anche il panorama lavorativo e l’intelligenza artificiale sta entrando a gamba tesa anche nei processi di assunzione. Stanno, infatti, diventando sempre più comuni i recruiter AI, con decine di persone in cerca di lavoro che hanno confermato di aver affrontato un colloquio con un chatbot AI, cosa che ha portato a reazioni contrastanti che vanno dalla curiosità per questa tecnologia fino ad arrivare alla delusione di ritrovarsi a parlare con un robot.
Perché parlare con un robot non piace alle persone
Per molti candidati, parlare con un’intelligenza artificiale rappresenta un ulteriore ostacolo in un mercato del lavoro già reso complesso da un’agguerrita concorrenza e molta incertezza. Per questo motivo, infatti, molte persone in cerca di lavoro, anche candidati con CV di tutto rispetto, si sono trovati spiazzati davanti a un colloquio con un chatbot, trovandolo irritante, impersonale e decidendo di interrompere la conversazione quasi subito.
In molti casi, ad esempio, l’AI ha chiesto al candidato di ripetere le proprie esperienze lavorative già elencate nel curriculum, una richiesta che è stata percepita da molti come una perdita di tempo e un chiaro segno di pigrizia da parte dell’azienda. Secondo altre dichiarazioni, ciò che spinge i candidati a ritirarsi dalla conversazione col chatbot è l’incapacità di questi tool di rispondere a domande sulla cultura aziendale o sull’ambiente di lavoro, rendendo il colloquio unilaterale.
Oltretutto, non è raro che i candidati si sentano sminuiti da questo approccio, percependo che le aziende non valorizzano tempo e competenze, facendo sentire le persone come dei dati da processare, piuttosto che come professionisti da valutare, cosa che potrebbe coincidere, secondo alcuni, con una cultura aziendale carente di quel “tocco umano” che potrebbe rappresentare uno stimolo in più per entrare a far parte del team di lavoro.
I colloqui con i chatbot sono davvero un valore per le aziende?
Ma se i candidati si sentono frustrati dall’essere esaminati dall’AI, dall’atra parte i responsabili HR accolgono a braccia aperte questo sistema, ritenendolo molto utile per gestire un numero elevatissimo di candidature e che, soprattutto nella prima fase di screening dei CV, permette di filtrare un grande volume di candidati in modo rapido e coerente.
Per gli esperti l’AI è particolarmente utile per le posizioni che attirano migliaia di candidati, come il servizio clienti, la vendita al dettaglio o i ruoli tech entry-level e ha il solo compito di automatizzare il lavoro preliminare per liberare tempo ai recruiter, che possono così concentrarsi su conversazioni più significative e approfondite con i candidati che superano questa prima fase.
A oggi è chiaro che si sta verificando una spaccatura tra candidati e recruiter sull’uso dell’intelligenza artificiale ma è altrettanto chiaro che questa tecnologia è qui per restare e chiunque è alla ricerca attiva di un lavoro, probabilmente, presto o tardi si troverà a parlare con un chatbot AI.
La sfida per il futuro è trovare un equilibrio in cui l’AI venga utilizzata per ottimizzare i processi ma senza far sentire i candidati un semplice numero. La soluzione ideale sarebbe arrivare a un approccio che combini l’efficienza della macchina con il valore dell’interazione umana, offrendo ai candidati la rassicurazione che, dopo un primo screening, ci sarà un’opportunità per una connessione autentica, ma il discorso è ancora aperto e molto dipende dal modo in cui le aziende decideranno di affrontare la questione.