Libero
SCIENZA

Scoperta nuova specie di lumaca invasiva in Italia

La Chiocciola di Fango Neozelandese potrebbe essere arrivata a Trieste durante la Seconda guerra mondiale: perché questa lumaca invasiva in Italia è così dannosa?

Pubblicato:

Lumaca invasiva in Italia iStock

In una delle cavità sotterranee più misteriose del Paese, una scoperta inattesa ha attirato l’attenzione di biologi e ricercatori ambientali: è stata individuata una nuova specie di lumaca invasiva in Italia, proveniente dalla Nuova Zelanda. Si tratta della Chiocciola di Fango Neozelandese (Potamopyrgus antipodarum), un mollusco invasivo capace di modificare gli equilibri degli ecosistemi idrici in cui si insedia. La presenza di questa specie aliena è stata confermata in un’area nascosta e poco esplorata: l’antico Acquedotto Teresiano di Trieste.

Una lumaca invisibile ma devastante

La notizia, diffusa da un gruppo di ricerca internazionale, ha immediatamente fatto scattare l’allarme tra gli esperti di specie invasive in Europa. Nonostante le dimensioni ridotte – spesso inferiori ai 5 millimetri – la chiocciola neozelandese possiede una straordinaria capacità di adattamento. In condizioni ambientali favorevoli, può raggiungere densità eccezionali: fino a mezzo milione di esemplari per metro quadro, sottraendo fino al 75% dei nutrienti disponibili e mettendo in crisi la sopravvivenza di altre forme di vita.

Questo fenomeno di monopolizzazione delle risorse rappresenta una grave minaccia per la biodiversità locale, soprattutto in ambienti delicati come quelli sotterranei o nei corsi d’acqua italiani a bassa portata. La lumaca, inoltre, può causare problemi meccanici nei sistemi di filtraggio e intasamenti delle tubature, rendendo la sua presenza non solo un rischio ecologico ma anche un potenziale danno infrastrutturale.

Come è arrivata a Trieste?

Il ritrovamento in un’area tanto specifica ha alimentato diverse ipotesi e, in parte, ancora speculative. Una teoria suggerisce che il mollusco invasivo in Italia sia stato introdotto accidentalmente da militari neozelandesi durante la liberazione di Trieste nel secondo conflitto mondiale. Sebbene non esistano prove definitive, l’ipotesi è stata presa in considerazione anche dalle autorità locali, che hanno espresso preoccupazione.

Il Comune di Trieste ha lanciato un appello a chi frequenta torrenti, grotte e ambienti umidi: lavare con attenzione stivali e attrezzature per evitare il trasporto involontario di questa specie aliena in nuove aree. Si teme, infatti, che la diffusione della lumaca nei torrenti italiani possa trasformarsi in un problema ambientale di scala più ampia.

Un’indagine scientifica internazionale

La scoperta è avvenuta nel contesto di uno studio sulla fauna sotterranea italiana, condotto da un team di ricerca europeo. Vi hanno partecipato il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, la Società Adriatica di Speleologia, insieme a specialisti provenienti da Slovacchia e Germania.

La presenza della Chiocciola di Fango Neozelandese è stata documentata grazie ad analisi approfondite delle acque e dei sedimenti presenti nell’acquedotto. Sebbene non sia ancora chiaro se l’ambiente sotterraneo favorisca una vera e propria colonizzazione, gli studiosi hanno avviato indagini in altri corsi d’acqua del territorio triestino, per escludere eventuali focolai secondari.

Specie aliene in Italia: una minaccia sempre più invadente

La scoperta di una lumaca invasiva a Trieste si inserisce in un contesto più ampio che riguarda l’intero Paese. Negli ultimi decenni, l’Italia ha assistito a un incremento preoccupante di specie aliene invasive, soprattutto in ambienti acquatici e lacustri. La causa è spesso legata alla globalizzazione dei trasporti, ma anche alla scarsa consapevolezza del rischio legato a introduzioni involontarie.

In molti casi, come quello della Potamopyrgus antipodarum, gli effetti sull’ecosistema locale non sono immediatamente visibili, ma si manifestano nel lungo periodo con alterazioni delle catene alimentari, riduzione della pescosità delle acque e competizione tra specie.

La lotta alle specie invasive in Italia richiede un monitoraggio costante e un coinvolgimento attivo non solo della comunità scientifica, ma anche dei cittadini. Sapere, riconoscere e agire in modo responsabile è oggi più che mai essenziale per proteggere la nostra biodiversità.