I pesci stanno sparendo dal Mediterraneo a causa del caldo estremo: le specie più a rischio
Cambiano le specie di pesci nel Mediterraneo e il caldo estremo stravolge l'ecosistema marino: gli animali autoctoni migrano lasciando il posto alle specie aliene
Il Mar Mediterraneo sta diventando un laboratorio a cielo aperto per osservare gli effetti del cambiamento climatico sulla fauna marina. Le recenti ondate di calore marino l’hanno trasformato in una delle aree più vulnerabili del pianeta. Con un incremento fino a 5,5 °C rispetto all’era preindustriale, il caldo estremo nel Mediterraneo sta alterando profondamente gli equilibri ecologici, con una conseguenza chiara: i pesci stanno sparendo. Tra specie ittiche in pericolo, proliferazione di specie aliene e calo drastico delle risorse per la pesca, la situazione richiede attenzione scientifica e interventi tempestivi.
Il caldo marino e le sue conseguenze
Le ondate di calore marine non sono semplici anomalie temporanee. Sono eventi prolungati durante i quali si manifestano temperature insolitamente alte che compromettono la vita nelle acque superficiali. Negli ultimi 80 anni, i giorni annui di questi fenomeni nel Mediterraneo sono triplicati, passando da circa 15 a quasi 50. E, secondo le proiezioni, diventeranno fino a 50 volte più frequenti entro la fine del secolo.
Tali condizioni generano stress termico nei pesci, riducendo fino al 30% la loro capacità riproduttiva. Il risultato? Un impatto diretto sulla pesca: in alcune aree si è già perso il 40% del pescato rispetto agli anni precedenti.
Le specie più a rischio: tra acque calde e migrazioni forzate
Alcune specie ittiche del Mediterraneo sono particolarmente vulnerabili al riscaldamento delle acque, soprattutto quelle che vivono negli strati superiori del mare. Tra le più colpite troviamo sardine e acciughe, che si stanno spostando verso nord alla ricerca di acque più fresche.
Anche altre specie come il tonno rosso, il pesce spada, la lampuga e la ricciola mostrano segni evidenti di difficoltà. La loro migrazione altera profondamente l’intera rete alimentare marina, generando squilibri che non si riflettono solo sull’ambiente, ma anche sull’economia locale.
Il boom delle specie aliene: invasori favoriti dal caldo
A rendere ancora più complessa la situazione è la diffusione delle cosiddette specie aliene nel Mediterraneo, pesci provenienti da altri mari che trovano nelle acque calde un ambiente favorevole. Oggi rappresentano circa il 6% della fauna marina del mare, ma si stima che entro pochi anni saranno una su tre.
Tra gli esempi più noti ci sono il pesce scorpione e il pesce leone, predatori aggressivi e potenzialmente pericolosi per l’equilibrio degli ecosistemi locali. La proliferazione di specie aliene sta contribuendo a un vero e proprio stravolgimento della biodiversità, con effetti a catena su tutto l’ecosistema marino.
Alghe, squilibri ecologici e sparizione dei predatori
Oltre alla scomparsa di molte specie carnivore tradizionali come cernie, dentici e squali, si assiste all’aumento di specie erbivore favorite dalla crescita di alghe, anch’essa stimolata dal riscaldamento delle acque.
La mancanza di predatori e la sovrabbondanza di erbivori stanno alterando habitat interi, accelerando la trasformazione degli ecosistemi marini in qualcosa di radicalmente nuovo e meno stabile.
La ricerca come unico faro per il futuro
Secondo Confcooperative Fedagripesca, l’adattamento della fauna marina non riesce a tenere il passo con la rapidità dei cambiamenti climatici. Per affrontare il problema servono strumenti di monitoraggio, investimenti nella ricerca e politiche condivise a livello internazionale.
Il rapporto sullo stato degli oceani di Copernicus lancia un segnale d’allarme: il Mar Mediterraneo è una delle aree più sensibili al riscaldamento globale e può offrire preziose indicazioni su cosa accadrà in altri mari del mondo. Ma per farlo, serve attenzione, consapevolezza e un impegno concreto per proteggere ciò che resta.