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Cosa sono i chatbot e perché stanno cambiando il settore della tecnologia

Cosa sono i chatbot, come funzionano e in che modo stanno cambiando il panorama tecnologico grazie soprattutto alle funzioni basate sull’intelligenza artificiale

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Chatbot AI Hodoimg / Shutterstock.com

Tra i termini più comuni nell’attuale panorama tecnologico c’è sicuramente il termine chatbot, che descrive degli assistenti virtuali alimentati dall’intelligenza artificiale che in brevissimo tempo sono diventati parte integrante della vita delle persone.

Si tratta di una tecnologia in fortissima espansione che sta influenzando il modo con cui gli utenti interagiscono con informazioni e attività e, in certi casi, nel modo in cui si rivolgono ad aziende e servizi. Scopriamo di più sui chatbot e su come influenzeranno il futuro del web e non solo.

Le diverse tipologie di chatbot e il loro funzionamento

Esistono diverse categorie di chatbot e ciascuna di queste ha caratteristiche e ambiti di applicazione specifici, che vanno dai compiti più semplici fino ad arrivare alle attività più sofisticate.

I chatbot più basilari sono quelli basati su regole. Questi tool operano seguendo una logica predefinita, un po’ come un albero decisionale e sono progettati per rispondere a domande specifiche e pre-programmate. Sono una tecnologia piuttosto efficiente ma limitata ad alcuni ambiti specifici, come quello informativo che gli utenti utilizzano per chiedere indicazioni su aziende e servizi.

Poi ci sono i chatbot basati su recupero (Retrieval-Based), che utilizzano un vasto database di risposte pre-esistenti e, quando ricevono una domanda, un algoritmo interno cerca e seleziona la risposta più pertinente all’interno di questo archivio. In questo senso la qualità dell’interazione dipende interamente dalla ricchezza del database e dalla capacità dell’algoritmo di trovare la corrispondenza giusta. Sono ovviamente più flessibili dei chatbot basati su regole, ma non sono in grado di creare contenuti originali.

La più avanzata versione dei chatbot attualmente sul mercato è quella che utilizza l’intelligenza artificiale generativa. Strumenti come ChatGPT, Gemini, Claude, Copilot e così via non si limitano a recuperare risposte, ma le generano in tempo reale grazie a modelli linguistici di grandi dimensioni addestrati su enormi quantità di dati.

Questi tool utilizzando tecniche di deep learning, possono creare testi originali, conversare su una vasta gamma di argomenti e assolvere a qualsiasi bisogno dell’utente, garantendo sempre un’interazione naturale e fluida.

L’architettura tecnica dei moderni chatbot

Nonostante una grande semplicità nell’utilizzo i chatbot hanno una struttura molto complessa e la loro architettura si basa su diversi componenti che lavorano in sinergia per interpretare e rispondere all’utente.

Il cuore di un chatbot di nuova generazione è l’NLP (Natural Language Processing), la branca dell’IA che “insegna” alle macchine a comprendere e manipolare il linguaggio umano.

L’NLP permette al chatbot di analizzare l’input suddividendolo in tre fasi: l’identificazione dell’intento, dove il sistema non si limita a riconoscere le parole chiave, ma cerca di capire l’obiettivo dietro la domanda dell’utente.

L’estrazione delle Entità, con il chatbot che identifica le informazioni cruciali all’interno della frase per fornire una risposta più precisa.

E la gestione del contesto con gli strumenti più avanzati che sono in grado di memorizzare le informazioni fornite in precedenza nella conversazione, permettendo un dialogo più coerente e meno frammentato.

Una volta che l’intento e le entità sono stati identificati, il gestore di dialogo decide la risposta più appropriata, gestendo il flusso della conversazione e guidando l’utente verso la soluzione desiderata.

Importante anche il backend del chatbot, che si connette a database o API esterne per recuperare dati in tempo reale.

Infine, per i tool che supportano l’interazione vocale, entrano in gioco anche il motore di riconoscimento vocale (STT) che converte il parlato in testo e il motore di sintesi vocale (TTS) che trasforma la risposta del chatbot in voce.

Esempi specifici di chatbot e il loro impatto sulle persone

Per comprendere meglio il ruolo dei chatbot, è utile guardare a esempi concreti che hanno rivoluzionato vari settori, in particolare quelli basati su intelligenza artificiale generativa.

L’esempio più celebre è probabile ChatGPT il tool sviluppato da OpenAI, che ha dimostrato al mondo il vero potenziale di un modello generativo. Questo strumento non si limita a rispondere a domande, ma può scrivere saggi, creare ricette, generare codice e persino tradurre testi, diventando un potente strumento per la produttività e la creatività.

Molto simile anche Gemini di Google che, oltretutto, si integra con i servizi dell’ecosistema di Big g e offre funzionalità avanzate di comprensione del linguaggio e generazione di contenuti.

Altro nome importante del settore è Copilot di Microsoft, che è totalmente integrato in Windows 11 e nel vastissimo ecosistema di prodotti dell’azienda di Redmond, con l’obiettivo di diventare, appunto, un vero e proprio copilota per le attività di tutti i giorni.

Questi assistenti virtuali, così come i molti altri sul mercato, non sono solo in grado di svolgere compiti specifici, ma sono veri e propri motori conversazionali che possono adattarsi a una vasta gamma di esigenze, dall’apprendimento alla programmazione, al marketing e fino ad arrivare alla scrittura.

La loro capacità di generare contenuti originali li rende strumenti versatili e potenti, con un impatto profondo sul modo in cui le persone interagiscono con la tecnologia.

Aree di applicazione dei chatbot e dubbi sull’etica

Come appena detto, i chatbot (specialmente quelli alimentati dall’AI) hanno rivoluzionato numerosi settori, offrendo vantaggi sia per le aziende che per i singoli utenti.

Uno degli utilizzi più comuni riguarda l’assistenza clienti, con questi tool che possono gestire un’enorme quantità di richieste contemporaneamente, 24 ore su 24, riducendo i tempi di attesa e i costi. Situazione analoga nell’e-commerce, dove migliorano l’esperienza di acquisto aiutando i clienti a trovare prodotti e fornendo suggerimenti personalizzati.

Applicazioni relativamente nuove riguardano il settore sanitario, dove possono fornire informazioni su sintomi (senza però sostituire un vero specialista) e prenotare appuntamenti.

Molto interessante anche la loro applicazione nel settore finanziario dove sono programmati per assistere i clienti nella gestione del conto e nella richiesta di servizi, garantendo rapidità e sicurezza.

Nella produttività leggera, quella quotidiana per certi versi, i chatbot possono essere utilizzati per generare testi, scrivere riassunti, organizzare documenti, rispondere alle mail, creare diverse tipologie di contenuti multimediali (foto, audio, video ecc) e, grazie alle nuove funzioni agentiche, spesso sono anche in grado di sostituire l’uomo nelle operazioni più semplici come fissare un appuntamento, compilare i moduli di un sito web e molto altro ancora.

Tuttavia, un’implementazione così massiccia di chatbot nei settori più svariati solleva importanti questioni etiche. Prima fra tutte la privacy dei dati, poiché l’interazione con questi strumenti richiede spesso la condivisione di informazioni personali. Per questo motivo è fondamentale che le aziende garantiscano che questi dati siano protetti e trattati in modo responsabile in modo da non compromettere la riservatezza delle persone.

Importante anche il discorso sulla selezione dei dati per l’addestramento che non devono essere approssimativi o incompleti e, ovviamente, non devono alimentare fake news e la condivisione di informazioni errate o pregiudizievoli che potrebbero avere un grave impatto sulle persone.

Quale futuro per i chatbot

Nonostante i notevoli progressi, la tecnologia dei chatbot non è priva di sfide. Al momento, ad esempio, questi strumenti mancato totalmente di una comprensione delle sfumature, dell’ironia e del sarcasmo, tutte particolarità del linguaggio umano che rappresentano un ostacolo per questa tecnologia che, ovviamente, non le capisce pienamente.

A questo, come già detto, bisogna aggiungere anche la qualità dei dati usati per l’addestramento; non basta alimentare questi strumenti con tutto ciò che si trova in rete, servono informazioni di qualità, dati verificati e validati scientificamente in modo che i contenuti generati da questi tool siano attendibili e lontani da pregiudizi e allucinazioni varie.

Nonostante questo, il futuro dei chatbot è però molto promettente e gli esperti prevedono che diventeranno sempre più “intelligenti” e saranno addirittura capaci di comprendere le emozioni umane, in modo da offrire interazioni ancora più personalizzate e proattive.

Cruciale in questo senso l’integrazione con altre tecnologie, come la realtà aumentata e la realtà virtuale che potrebbe trasformarli in compagni digitali o assistenti olografici; oppure con la robotica, in modo che gli androidi del futuro non solo sappiano muoversi ma possano anche prendere decisioni e “vivere” fianco a fianco con gli esseri umani.

Per tutti questi motivi la continua ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale è fondamentale per arrivare a un futuro dove i chatbot saranno in grado di imparare autonomamente, adattarsi alle esigenze dell’utente e gestire sfide sempre più complesse, raggiungendo e forse superando quell’idea di umanità che ancora è preclusa a queste intelligenze sintetiche.