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SCIENZA

Una "Galassia Infinita" è stata appena scoperta

Un nuovo oggetto celeste ha stupito gli astronomi per la sua forma e il mistero che custodisce al centro: la galassia infinita potrebbe svelare come sono nati i primi buchi neri supermassicci

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Hanno scoperto una galassia infinita 123rf

Nel cuore profondo del cosmo, dove la luce impiega miliardi di anni per arrivare fino a noi, è emerso un simbolo antico e carico di mistero: quello dell’infinito. Una figura perfetta, elegante, quasi costruita con l’intento di farsi notare: è grazie a questa immagine che possiamo appunto parlare di una galassia infinita.

La scoperta, resa possibile grazie agli strumenti più potenti a disposizione degli astronomi, ha suscitato immediatamente stupore e interrogativi. Perché questa forma così particolare? È solo un caso, oppure nasconde qualcosa di più profondo? Non si tratta solo di suggestione: dentro questa struttura potrebbe celarsi uno dei più grandi indizi mai osservati sulla nascita dei buchi neri più antichi dell’Universo.

Lo studio e le prime deduzioni

A dare voce a questa scoperta straordinaria è stato un team internazionale guidato da Pieter Van Dokkum, astrofisico della Yale University, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Copenhagen e altri istituti. L’oggetto è stato individuato grazie a un insieme di dati raccolti da telescopi tra i più sofisticati oggi operativi: il James Webb Space Telescope, il radiotelescopio VLA, l’osservatorio ottico Keck e il telescopio a raggi X Chandra.

Il primo segnale è arrivato precisamente da Webb, che nella regione del cielo nota come Cosmos Field ha individuato due galassie che si stanno fondendo. È proprio nel punto in cui si toccano che compare l’infinito. Chiaramente, i ricercatori non si sono lanciati subito in annunci clamorosi: prima di dare un nome a quell’oggetto, hanno condotto analisi spettroscopiche, osservazioni incrociate, e confronti con immagini provenienti da più bande luminose.

Perché si parla di galassia infinita?

Solo dopo settimane di studi, gli scienziati hanno iniziato a parlare apertamente della “galassia infinita”. Tornando alla sua forma, colpisce perché è perfettamente simmetrica: i due nuclei galattici, ognuno circondato da anelli o gusci luminosi, si guardano da una distanza di circa 10.000 anni luce. La loro disposizione però non è solo incantevole: è il risultato di una collisione frontale i cui dischi sono perfettamente allineati.

Un fenomeno rarissimo che, come spiega lo studio pubblicato su ArXiv, è stato già osservato in forma simile in un sistema locale chiamato II Hz 4, ma mai con queste caratteristiche. La cosa più sconcertante, però, non è la forma. È ciò che si trova tra i due nuclei. Gli strumenti hanno rivelato la presenza di un oggetto straordinariamente denso e luminoso, emettitore sia di onde radio sia di raggi X, che non coincide con nessuno dei due centri galattici.

Si tratta con ogni probabilità di un buco nero supermassiccio attivo, ma il fatto che si trovi in mezzo alle due galassie, e non dentro una di esse, è qualcosa di inaspettato e mai individuato prima. Ancora più sorprendente è il fatto che quest’oggetto sembra immerso in una nube di gas ionizzato che brilla fortemente in , un segnale tipico di fenomeni estremi come collisioni ad alta energia.

L’importanza della scoperta

Gli scienziati ipotizzano che questo buco nero possa essersi formato direttamente nel punto di scontro tra le due galassie, da una compressione violenta del gas. Un’ipotesi che porta dritti al cuore di una teoria tanto affascinante quanto controversa: quella dei buchi neri da collasso diretto.

Secondo questo modello, il buco nero non deriverebbe dalla morte di una stella, ma nascerebbe direttamente da un’enorme nube di materia che collassa su sé stessa: una possibilità prevista da tempo ma mai documentata in modo così concreto. Cosa significa questo? Che se tutto ciò fosse confermato, la galassia infinita potrebbe rappresentare la prima prova osservativa diretta di un buco nero nato da un collasso gravitazionale senza passare per lo stadio stellare.

Una scoperta così aprirebbe nuovi scenari per comprendere come i buchi neri supermassicci siano potuti esistere già poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang, quando l’universo era ancora troppo giovane per aver generato stelle, farle morire ed evolvere in tempi utili. Infine, questo tipo di formazione “rapida”, quasi improvvisa, potrebbe spiegare molte anomalie osservate nei buchi neri più antichi.