Avvistato un buco nero raro mentre divora una stella
Hubble e Chandra individuano NGC 6099 HLX-1, un raro buco nero di massa intermedia in un ammasso stellare, cruciale per capire la formazione dei giganti cosmici

É stato identificato un nuovo possibile buco nero di massa intermedia. Il tutto grazie all’Hubble Space Telescope e al Chandra X-ray Observatory. La scoperta ha portato all’individuazione di un nuovo nome: NGC 6099 HLX-1, che trova spazio nell’ammasso compatto di stelle che è ai margini dell’ellittica gigante NGC 6099 (a 450 milioni di anni luce, circa, nella costellazione di Ercole).
Cosa sono i buchi neri di massa intermedia
Sentiamo “spesso” parlare di buchi neri stellari e di supermassivi. Sono ben documentati e per questo risultano essere tra i più citati nel mondo dell’astronomia. I buchi neri di massa media (IMBH) invece restano sfuggenti.
Non accumulano grandi quantità di materia costantemente. Per questo motivo è alquanto raro che emettano radiazioni sufficientemente intense per essere catturati. L’unico modo per riuscire a “beccarli” è essere in grado di coglierli nel corso di un evento di distruzione tidale. In parole povere, quando divorano una stella di passaggio e sprigionano un lampo di raggi X e ottici.
La scoperta di NGC 6099 HLX-1
Quali sono i passaggi che hanno portato a questa scoperta? Eccoli riassunti:
- Chandra ha notato per la prima volta un’emissione X eccezionalmente luminosa nel 2009. Ha ovviamente attirato l’attenzione, essendo inspiegabile per una sorgente stellare comune;
- XMM-Newton ha sorvegliato l’evoluzione del flusso X fino al 2023. Sono stati così rivelati dei picchi e cali di luminosità, che risultavano coerenti con lo sfarfallio di un disco di accrescimento in via di formazione;
- nel 2012 la sorgente ha superato di 100 volte la luminosità iniziale, il che ha rappresentato ovviamente un segnale evidente di un evento di distruzione tidale;
- Hubble ha infine individuato un piccolo ammasso stellare intorno alla sorgente, con stelle separate da appena pochi “light months”. Ciò a conferma di un IMBH “affamato”.
Yi-Chi Chang e Roberto Soria, co-autori dello studio, hanno spiegato che NGC 6099 HLX-1 è a 40mila anni luce dal nucleo galattico. Si tratta di un’orbita periferica, che suggerisce come i buchi neri di massa intermedia possano esistere come dei “satelliti” nei sistemi di galassie.
Scoperte future
La grande difficoltà in questo ambito risiede nello scarso campo di vista di Chandra e XMM-Newton. Gli eventi di distruzione tidale sono a dir poco rari e, in aggiunta, accidentali. Tutto ciò però sta per cambiare.
Il Vera C. Rubin Observatory in Cile, con il suo Wide Fast Deep Survey, promette al mondo astronomico di poter individuare questi lampi ottici su centinaia di milioni di anni luce, con una cadenza quasi quotidiana.
Un trigger ottico potrà così essere seguito da:
- Hubble e JWST, così da studiare la controparte ultravioletta e infrarossa;
- Chandra, per misurare la componente X e i meccanismi di accrescimento;
- LISA, per captare onde gravitazionali da eventuali fusioni IMBH-stellari.
NGC 6099 HLX-1 va così a unirsi alla cerchia, molto ristretta, di IMBH confermati. Un tassello ulteriore per chiarire sempre meglio come si formino e crescano queste entità estreme. Al tempo stesso, però, aiuta gli scienziati a capire la storia di crescita delle galassie stesse.