Lino Guanciale: "Il Commissario Ricciardi si aprirà alla felicità"

In arrivo la seconda stagione de Il Commissario Ricciardi, in onda su Rai Uno da lunedì 6 marzo. L'intervista al protagonista, Lino Guanciale

Fonte: Ufficio Stampa RAI

Conto alla rovescia per la seconda stagione de Il Commissario Ricciardi. La fiction, che l’anno scorso ha conquistato fino a sei milioni di spettatori per puntata, raccontando le vicende di Luigi Alfredo Ricciardi, commissario in forze alla squadra mobile di Napoli negli anni ’30, che conserva in segreto il dono/maledizione di poter vedere gli spiriti delle vittime di morte violenta, torna in prima serata su Rai 1 per quattro serate, a partire da lunedì 6 marzo. A rivelare a Libero Magazine qualcosa in più sulle nuove puntate e sull’evoluzione del personaggio principale è il suo interprete, Lino Guanciale.

Lino Guanciale racconta Il Commissario Ricciardi

Sappiamo che nelle quattro puntate in onda dal 6 marzo l’amore prenderà sempre più spazio nelle vicende del Commissario Ricciardi. Quali novità dobbiamo aspettarci?

Nella prima stagione abbiamo visto aprirsi diverse crepe nella corazza che Ricciardi si è costruito, più per proteggere gli altri da lui e dal suo ‘dono’, che per proteggere se stesso dagli altri. Malgrado lui faccia di tutto per tenere ancora in piedi questa corazza, tutto quello che gli è successo nella prima stagione ha lasciato un segno profondo, tanto che in queste nuove puntate le crepe si aprono e diventano falle da cui passa un nuovo desiderio di felicità. Assisteremo a una grande crescita di consapevolezza del personaggio su quale posto dare all’amore nella sua vita. Tutti i romanzi di Ricciardi scritti da Maurizio De Giovanni, d’altronde, possono essere letti come una lunga storia di formazione, che racconta la maturazione emotiva e sentimentale del protagonista. In queste quattro puntate assisteremo a una grande accelerazione di questo processo.

Quali aspetti di questo personaggio pensa le assomiglino di più?

Il Commissario Ricciardi è un uomo con un senso etico altissimo, ma anche con un’enorme capacità di resistenza al dolore e alle prove a cui la sua realtà lo sottopone, e sono qualità talmente grandi che magari averle! Io, come sempre nel mio lavoro, ho cercato di creare dei punti di contatto con questo personaggio. Forse, se proprio devo trovare un suo tratto caratteriale in cui mi rivedo un po’, direi un certo amore per la discrezione.

Perché il pubblico si è subito affezionato a questo personaggio così tormentato?

Ricciardi avrebbe sulla carta tutte le caratteristiche per allontanare da sé spettatrici e spettatori e invece, nonostante la distanza emotiva che si sforza di tenere rispetto al mondo esterno, riesce a costruire una connessione emotiva fortissima con chi segue le sue avventure. Possiede un’enorme capacità di empatia che cela sotto molteplici strati, dalla sua pelle all’impermeabile che porta. Esiste un mistero, una magia attorno alla profonda umanità di questo personaggio che racconta come, a prescindere dagli schermi che si sceglie di indossare, l’autenticità e la genuinità del cuore arrivino comunque ad aprire le porte del cuore degli altri.

Nel suo lavoro di attore frequenta molto il mondo del soprannaturale. Anche in questa fiction interpreta un uomo che ha il dono di entrare in contatto con i fantasmi. Lei personalmente che rapporto ha con questi argomenti, con la spiritualità?

Ho un rapporto molto laico: mi definisco un razionalista granitico, sono un agnostico. Vengo da una bella famiglia cattolica dove la fede è intesa soprattutto come tolleranza, non come desiderio di imporre ad altri i propri convincimenti. Sono cresciuto con questi valori di libertà di pensiero e di coscienza e sono un grande ammiratore di chi ha fede. Personalmente è un dono che non mi riconosco, ma questo non mi frena dal leggere testi religiosi o su temi spirituali in generale. Credo che il mistero non può affascinare chi crede nella ragione, perché ha a che fare con i limiti della ragione stessa.

A causa del suo dono, che in realtà per lui è un grande peso, Ricciardi non si concede di aprirsi alla felicità e il suo più grande rovello è che, se avesse un figlio, rischierebbe di trasmettergli questo stesso peso. Lei che è padre da poco, cosa direbbe su questo argomento al tuo personaggio?

Io gli direi di considerare che tutti soffriamo nella vita e anche i nostri figli troveranno sulla loro strada i loro ostacoli. Assodato che questa è la realtà, penso che valga la pena esserci per un figlio o una figlia piuttosto che negarsi questa esperienza o negare loro la possibilità di viverla, che è comunque una cosa meravigliosa.

In questa seconda stagione, seguendo la cronologia della storia, ci addentreremo in anni in cui il regime fascista si inasprisce sempre di più. Che tipo di sensazione ha avuto nel calarsi nei panni di un uomo vissuto nella realtà di quegli anni?

Quelli sono anni incandescenti, che rimuoviamo continuamente, che non affrontiamo, ma sono anni in cui sono successe tante cose importanti sulle quali dovremmo avere il coraggio di fare un bilancio, che partisse però da un dato comune: l’antifascismo è il valore su cui è costruita la nostra Repubblica. Noi italiani continuiamo ad avere un rapporto disfunzionale con la nostra storia, dovremmo smetterla e analizzarla, partendo da basi condivise. La Costituzione dovrebbe essere una guida da questo punto di vista.

di Valentina Di Nino

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