Roma, 1 feb. (askanews) - Tra i cortometraggi candidati all'Oscar c'è anche "The Red Suitcase", un film di 17 minuti che, alla cerimonia a Los Angeles il prossimo 12 marzo accenderà i riflettori sulle proteste in Iran innescate dalla morte in carcere, il 16 settembre scorso, della giovane Mahsa Amini, detenuta perché non indossava correttamente il velo.
Ambientato nell'aeroporto di Lussemburgo, racconta di una sedicenne iraniana arrivata da Teheran che, con trepidazione, si toglie il velo per sfuggire a un destino infelice dettato dagli uomini. Per il regista Cyrus Neshvad, nato in Iran ma di nazionalità lussemburghese, la nomination è un'occasione per evidenziare quello che il regime islamico sta facendo al suo Paese natale.
Da mesi in Iran vanno avanti le manifestazioni di protesta, represse dal regime, ma il regista spiega che il suo corto è stato girato un anno prima delle rivolte, ma affonda le radici nelle ingiustizie subite a lungo dalle donne iraniane prima che arrivassero all'attenzione mondiale.
"Abbiamo dei familiari in Iran, ho parlato con loro. Mi hanno detto che molte donne stanno scomparendo. Non appena dici qualcosa, non appena l'hijab viene tolto, arrivano e le prendono. Le portano via per interrogarle. E non tornano più. È terrificante. Mi sono detto: tu lo sai, io lo so, perché il mondo non lo sa? Che questo sta accadendo a questa donna proprio ora in Iran. È successo due anni fa. Allora ho detto che volevo fare un corto su questo, tutto è iniziato così".
Prima della scena in cui la protagonista si toglie il velo il regista le ha detto:
"Voglio davvero che tu guardi nell'obiettivo della telecamera. Lei mi ha chiesto: perché?" Io le ho risposto: perché così, attraverso questo film, inviterai altre donne a unirsi a te. Se qualcuno guarderà questo film, in tutto il mondo, sarà un messaggio. Seguitemi. Fate come me, toglietevi l'hijab. Non accettate questa dominazione e siate libere".