ChatGPT il Google del futuro? OpenAI verso i 500 miliardi: rischi e opportunità
OpenAI, l'azienda dietro ChatGPT, si avvicina a una valutazione record di 500 miliardi di dollari. Gli investitori scommettono che l'AI potrebbe presto sostituire i grandi colossi, come Google.
OpenAI è vicina a toccare una valutazione da 500 miliardi di dollari, una cifra che la renderebbe la startup privata più preziosa al mondo. Più di SpaceX, di ByteDance (la casa madre di TikTok) e persino di colossi quotati come Palantir. Un numero impressionante, se si considera che stiamo parlando di un’azienda con un “burn rate” – ovvero un ritmo di spesa – definito astronomico grazie alla diffusione sempre più capillare dell’intelligenza artificiale.
La domanda è inevitabile: come può essere sostenibile una corsa simile? Ha davvero un potenziale tale che, come dicono gli esperti, presto potrebbe essere addirittura in grado di sostituire Google.
La corsa degli investitori verso l’intelligenza artificiale
Secondo quanto riportato da Axios, ci sono in realtà due operazioni parallele: un round guidato da SoftBank che valuta OpenAI a 300 miliardi di dollari, e una vendita secondaria di azioni dei dipendenti che ha già fatto impennare la valutazione a 500 miliardi. La maggior parte delle azioni “più economiche” è già stata assorbita, lasciando gli investitori a contendersi quelle al prezzo più alto.
Un investitore ha paragonato questa fase a “l’alba di Internet”, ovvero uno di quei momenti di svolta tecnologica che ridefiniscono interi settori. La logica è semplice, almeno sulla carta: se ChatGPT arrivasse a 2 miliardi di utenti paganti con un ricavo medio di 5 dollari al mese, i ricavi annuali toccherebbero i 120 miliardi. Abbastanza per giustificare una valutazione superiore ai 1.500 miliardi di dollari, soltanto contando il prodotto consumer.
Numeri in crescita, ma spese fuori scala
Oggi ChatGPT conta 700 milioni di utenti settimanali, ma meno del 10% paga per il servizio. OpenAI ha però già raddoppiato le sue entrate previste per il 2025, raggiungendo i 12 miliardi annui, con 5 milioni di aziende che hanno sottoscritto piani a pagamento. Numeri che parlano di una crescita rapida e di una penetrazione significativa nel mondo enterprise.
Tuttavia, a fronte dei ricavi c’è un problema enorme: i costi. Solo quest’anno, si stima che OpenAI “brucerà” 8 miliardi di dollari, gran parte per coprire i costi infrastrutturali legati all’inference (cioè l’elaborazione delle richieste degli utenti in tempo reale). Il CEO Sam Altman ha già avvertito: nel “futuro non troppo lontano” OpenAI dovrà spendere trilioni di dollari in data center. In altre parole, anche se i chip diventeranno più potenti ed efficienti, la scala del problema crescerà proporzionalmente all’aumento della base utenti.
Opportunità o bolla?
Gli investitori puntano sul fatto che OpenAI diventi il nuovo Google, un servizio indispensabile, universale, senza alternative concrete. Ma gli interrogativi restano enormi.
Per esempio, riuscirà OpenAI a monetizzare stabilmente la propria base utenti, portando il valore medio vicino ai 5 dollari al mese? I colossi come Google e Meta resteranno a guardare, o finiranno per erodere quote di mercato? Ma soprattutto, quanto è realistico che un’azienda con simili costi infrastrutturali riesca davvero a scalare in modo sostenibile?
Molti analisti parlano già di una bolla dell’AI. Nel 2025 il 65% del capitale di venture capital è confluito in startup di intelligenza artificiale, con investimenti record in società come Thinking Machines Lab e Scale AI. Lo stesso Altman non nega l’esistenza di un hype, ma lo definisce “un bene”, ricordando che anche le precedenti bolle tecnologiche nascevano da una verità di fondo: Internet era davvero una rivoluzione, così come potrebbe esserlo l’AI.
La scommessa OpenAI
Il valore di una startup non riflette mai soltanto i numeri attuali, ma soprattutto la capacità del suo CEO di vendere una visione. Sam Altman in questo è maestro. Gli investitori scommettono che ChatGPT diventerà indispensabile quanto un motore di ricerca, che miliardi di persone pagheranno volentieri per usarlo e che i concorrenti verranno marginalizzati.
Il rischio? Che i costi esplodano prima che la redditività diventi strutturale, o che il mercato si riveli più competitivo e meno profittevole del previsto. Ma finché la narrazione rimane intatta, la storia di OpenAI da sola vale mezzo trilione di dollari.
La verità è che il futuro non è ancora scritto. ChatGPT potrebbe diventare il “Google del XXI secolo”, aprendo la strada a un’era in cui l’intelligenza artificiale è la nuova infrastruttura di base della società digitale. Oppure potrebbe rivelarsi l’ennesimo sogno gonfiato dal capitale, costretto a ridimensionarsi sotto il peso delle sue stesse ambizioni.