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Hanno trovato qualcosa di inatteso nelle nuvole di Venere

Le nuvole di Venere non sono composte unicamente di acido solforico, come si riteneva finora: ecco cosa è emerso dallo studio dei dati di una vecchia missione.

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Le tecnologie astronomiche moderne stanno rivelando nuovi dettagli su scoperte del passato. È quanto emerge da un recente studio sulla composizione delle nuvole di Venere, al centro di un dibattito sulla possibilità che possano – o meno – ospitare forme di vita. Le analisi hanno dimostrato che queste nubi sono più complesse di quanto si pensasse: non si tratta solo di acido solforico, come ritenuto per decenni, ma di una composizione chimica più articolata. Ecco cosa hanno scoperto gli scienziati.

La missione Pioneer su Venere: nuove analisi

Alla fine degli anni ’70, la missione Pioneer Venus aveva l’obiettivo di studiare Venere e la sua atmosfera. I dati raccolti dalle sonde rivelarono la presenza di ingenti quantità di acido solforico nello spesso strato di nuvole che circonda il pianeta – nubi altamente riflettenti che impediscono di osservarne la superficie dallo spazio. Quasi cinquant’anni dopo, un team di scienziati ha rianalizzato quei dati con tecnologie moderne, scoprendo che le nuvole venusiane hanno una composizione molto più complessa di quanto si pensasse.

Lo studio, pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Planets, è stato guidato da Rakesh Mogul, professore di chimica e biochimica presso la California State Polytechnic University di Pomona, in California. In particolare, gli scienziati hanno analizzato gli aerosol catturati da una delle sonde della missione Pioneer Venus nella sua discesa attraverso l’atmosfera di Venere. Queste particelle, raccolte e conservate con cura dalla NASA per tutti questi anni, si sono rivelate foriere di notizie davvero molto interessanti: nelle nuvole venusiane non c’è solo acido solforico, ma anche ferro e acqua. Scopriamo qualcosa in più.

Di cosa sono formate le nuvole su Venere

Per individuare la composizione degli aerosol nelle nuvole di Venere, i ricercatori hanno analizzato la temperatura a cui le particelle si fondevano e i gas che liberavano, risalendo così agli elementi originari. È emersa la presenza di anidride solforosa – precursore dell’acido solforico – in percentuale pari a circa il 20%, significativamente meno di quanto si ritenesse. Il resto della composizione include acqua e composti contenenti ferro.

Più precisamente, è stato individuato un 60% di acqua non sotto forma di vapore, bensì legata in composti idrati, tra cui solfato ferrico idrato e solfato di magnesio idrato. Questa scoperta si accorda con quanto ipotizzato da altri rilevamenti: gli strumenti della missione Pioneer non erano in grado di rilevare l’acqua legata agli idrati, ma solo il vapore presente nell’atmosfera. Il ferro, presente sotto forma di solfati per circa il 20%, rappresenta un elemento particolarmente interessante. Sulla sua provenienza esistono ancora dubbi, ma gli scienziati ipotizzano che derivi dalle polveri cosmiche catturate dall’atmosfera venusiana, che reagirebbero con l’acido solforico delle nubi.

La nuova scoperta rende più che mai acceso il dibattito sulla possibilità che le nuvole venusiane ospitino la vita: da tempo si parla infatti di una vera e propria missione futuristica, volta alla costruzione di città galleggianti nell’atmosfera di Venere. Sebbene il pianeta presenti condizioni estreme tali da non poter supportare alcuna forma vitale, le sue nuvole formano una spessa coltre dalle caratteristiche simili a quelle terrestri, almeno in termini di temperatura e di pressione. Si ritiene che, ad alte quote, la disponibilità di luce solare, acqua e nutrienti possa favorire la vita microbica.