C'è stata una tempesta di neve un po' anomala e che ha battuto il record sull'Everest
Occhi puntati sulla violenta tempesta di neve che ha colpito il versante tibetano dell'Everest: come la scienza spiega questo fenomeno anomalo.

La bufera di neve che ha intrappolato centinaia di escursionisti sul versante nord del Monte Everest lo scorso fine settimana, tra il 3 e il 4 ottobre, ha fatto notizia per la sua insolita vicinanza alla vetta, ma non solo. Di fatto, è stata particolarmente violenta ma ha anche registrato un’altra anomalia: la quantità di neve caduta in sole 12 ore è risultata 3,5 volte superiore a qualsiasi altra misurata in precedenza nello stesso luogo.
L’assurda tempesta di neve sull’Everest
Tom Matthews, climatologo del King’s College di Londra, ha descritto la stranezza dell’evento paragonandolo all’altezza umana: “Negli ultimi sei anni, la persona più alta che potreste aver visto era un uomo alto 1,90 m arrivato al campo base; il 4 ottobre è arrivato un gigante alto 7 metri“. Questo dato, estrapolato dalle stazioni meteorologiche in alta quota sull’Everest, pone la tempesta completamente “fuori scala” rispetto ai dati raccolti nell’ultimo sessennio.
Il forte maltempo ha interessato prevalentemente il versante settentrionale, cioè quello tibetano, durante la Festa Nazionale Cinese, seppellendo i campi e bloccando le vie di accesso. Secondo l’Associated Press, circa 900 escursionisti e guide sono stati tratti in salvo nei giorni successivi alla bufera, di cui gli ultimi 200 soltanto il 9 ottobre, a distanza di giorni.
Cosa ha innescato questo fenomeno da record
La tempesta di neve ha attirato la preoccupazione ma anche la curiosità di molti, che si sono chiesti come si sia potuto verificare un evento tanto violento e perché proprio adesso.
Questo è un periodo tradizionalmente secco e mite per la regione, dato che la stagione dei monsoni si ritira solitamente a metà settembre. Il forte deposito nevoso – circa 1 metro di neve nella valle di Gama, in Tibet – si è verificato in un’area dove i turisti, spesso meno esperti di alta quota, visitavano il Campo Base Nord dell’Everest (5.200 metri sul livello del mare).
Ma c’è una ragione che ha innescato questa anomalia meteorologica: l’intensificarsi del monsone dovuto a un sistema di bassa pressione nel Golfo del Bengala, combinato con la potenziale azione di un secondo sistema di bassa pressione. Questa complessa dinamica ha convogliato quantità eccezionalmente elevate di vapore acqueo verso la catena montuosa dell’Everest, trasformandosi in una nevicata record in alta quota.
A gravare sulla situazione è stata la temperatura superficiale del Golfo del Bengala, risultata due gradi Celsius più calda rispetto alla sua media storica mensile. Come ha spiegato Kent Moore, professore di fisica atmosferica all’Università di Toronto Mississauga: “L’acqua più calda evapora più facilmente, fornendo più vapore che potrebbe poi condensarsi in neve”.
Questo sistema non ha innescato solo la bufera di neve ma, contemporaneamente, precipitazioni intense hanno colpito Nepal e India settentrionale, scatenando frane e inondazioni che hanno causato la morte di almeno 47 persone. La dimostrazione di come un singolo, potente sistema meteorologico può produrre effetti a catena catastrofici lungo l’intera dorsale himalayana.
Si prevede che in futuro precipitazioni così intense aumenteranno con il riscaldamento globale: “Questo semplicemente perché, quando l’aria è più calda, può contenere più vapore acqueo”, ha spiegato Moore.


















