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Il futuro dell'AI è nello spazio: perché spostare i data center in orbita?

L’AI consuma troppo e gli scienziati valutano la costruzione di data center nello spazio per ridurre consumi per dissipare il calore e usare l’energia del sole

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satellite Shutterstock

In Sintesi

  • La crescita nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale sta causando un’emergenza energetica globale destinata ad aumentare entro il prossimo decennio.
  • Per affrontare il problema, i ricercatori della Nanyang Technological University propongono di spostare i data center in orbita terrestre bassa, sfruttando le temperature estremamente basse per la dissipazione del calore e l’energia solare disponibile 24 ore su 24.

La crescita nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale sta sollevando una nuova emergenza globale: il consumo di energia. Come ben noto, infatti, ogni algoritmo, conversazione o contenuto generato richiede una certa potenza di calcolo, destinata a crescere in base alla complessità delle richieste e all’utilizzo sempre più frequente di queste tecnologie. A questo, naturalmente, corrisponde un aumento costante del fabbisogno energetico.

Secondo alcune recenti analisi, la domanda energetica legata all’AI potrebbe aumentare del 165% entro il 2030, con un impatto ambientale e infrastrutturale senza precedenti. I data center oggi assorbono oltre l’1,5% dell’elettricità mondiale, e in base alle stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia questa quota potrebbe triplicare nel prossimo decennio.

Come cambieranno i data center

Per i ricercatori della Nanyang Technological University (NTU) di Singapore, la soluzione a questo problema è portare i data center in orbita terrestre bassa. L’intuizione prevede la creazione di un ecosistema di satelliti dotati di server, processori avanzati e sistemi di comunicazione ad alta velocità, in grado di gestire l’elaborazione dei dati direttamente dallo spazio.

Il perché di questa scelta è evidente: in orbita, l’ambiente naturale fornirebbe condizioni ideali per un utilizzo sostenibile, con temperature estremamente basse per la dissipazione del calore e energia solare disponibile 24 ore su 24. Una strategia che potrebbe rendere possibile un’infrastruttura informatica a emissioni zero.

Del resto, costruire e mantenere operativo un data center sulla Terra comporta costi sempre più elevati, soprattutto in aree densamente popolate, dove il prezzo dei terreni e la necessità di sistemi di raffreddamento decisamente energivori rappresentano due ostacoli importanti.

Nello spazio, invece, il vuoto cosmico e il freddo estremo diventerebbero alleati naturali, eliminando gran parte dei costi energetici legati al raffreddamento e riducendo drasticamente la dipendenza da risorse idriche e reti elettriche terrestri.

Due le opzioni messe sul piatto: la prima è quella di data center edge orbitali, costituiti da satelliti che elaborano localmente i dati raccolti da sensori o immagini prima di inviarli sulla Terra. Questo sistema permetterebbe unicamente la trasmissione delle informazioni essenziali, riducendo fino a cento volte il volume dei dati e abbattendo i costi e i consumi energetici legati alla trasmissione.

Il secondo modello è quello delle costellazioni cloud spaziali, veri e propri cluster di server orbitanti dotati di pannelli solari, radiatori e connessioni a banda larga che sarebbero in grado di eseguire operazioni AI complesse direttamente in orbita, senza ricorrere a risorse terrestri.

È davvero possibile portare i data center nello spazio?

Pur trattandosi di una soluzione molto interessante, bisogna tenere conto dei costi di lancio nello spazio che restano ancora piuttosto alti. Oltre a questo, il resto delle tecnologie chiave, dai microprocessori compatti ai collegamenti laser intersatellitari, esistono già e sono utilizzate comunemente in altri ambiti dell’industria spaziale.

Il vantaggio ambientale potrebbe essere significativo, tuttavia la costruzione di un’infrastruttura orbitale potrebbe essere una cosa piuttosto complessa e sicuramente molto costosa.

L’idea dei data center spaziali si inserisce in una più ampia ricerca di soluzioni alternative alla crisi energetica del calcolo. In Cina, per esempio, si stanno già sperimentando data center sottomarini, mentre in Europa e negli Stati Uniti cresce l’interesse per nuovi materiali a basso impatto ambientale che promettono una gestione più efficiente del calore e dei consumi.

Al momento, comunque, tutte le soluzioni sono ancora al vaglio degli esperti, l’unica certezza è che con la crescente diffusione dell’intelligenza artificiale, quello dei consumi e dell’impatto ambientale stanno diventando due parametri che non possono più essere trascurati e, o in orbita o sotto le profondità marine, l’urgenza di ricollocare i data center deve diventare una priorità entro il prossimo decennio.