Le aziende scelgono l'AI, come cambia il lavoro nell'era digitale
Le aziende stanno licenziando i dipendenti sostituendoli con strumenti AI. Quali professioni cambieranno e quali nasceranno ex novo in questa nuova era digitale
In sintesi
- Molte aziende stanno licenziando dipendenti scommettendo sull’intelligenza artificiale, con un impatto negativo sull’occupazione e contribuendo alla creazione di nuove disuguaglianze.
- La chiave per il futuro del lavoro non sta solo nelle competenze tecniche, ma nella capacità di collaborare con i sistemi intelligenti, interpretare i risultati e integrarli nel processo decisionale umano.
Sempre più aziende stanno licenziando i propri dipendenti scommettendo sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Una strategia diventata ormai piuttosto comune ma che, come in passato, nasconde al suo interno una grande contraddizione: la tecnologia nata per promettere efficienza e crescita aziendale, sta avendo un impatto negativo sulle persone, ridisegnando l’occupazione.
Dalle banche alle aziende sanitarie, fino ad arrivare ai settori creativi e quelli dell’informazione, il mondo del lavoro si trova tra l’incudine e il martello, che col crescente avvento dell’AI sta spingendo lavoratori e dipendenti a chiedersi quali professioni sopravviveranno, quali cambieranno e quali nasceranno ex novo in questa nuova era digitale.
L’intelligenza artificiale sta cambiando le regole del lavoro
Un recente studio condotto dal LeBow College of Business della Drexel University ha proposto a diverse aziende due sondaggi per capire in che modo le imprese e i lavoratori stanno reagendo a questa crescente automazione intelligente.
I risultati mostrano un quadro complesso dove oltre la metà delle organizzazioni dichiara di utilizzare l’AI per guidare decisioni operative quotidiane mentre solo il 38% ritiene che i propri dipendenti siano realmente pronti a lavorare al fianco di questa tecnologia. Ciò evidenza, essenzialmente, che si allarga il divario tra innovazioni e competenze, delineando una nuova forma di disuguaglianza sul posto di lavoro che non riguarda più solo persone qualificate e non qualificate, ma anche chi sa collaborare con l’AI e chi no.
Un altro dato interessante riguarda la percezione dell’uso dell’AI da parte dei lavoratori. Mentre molte imprese si affidano ormai a sistemi automatizzati per ottimizzare le proprie strategie, solo il 27% dei recruiter si dice a proprio agio con i candidati che impiegano strumenti di intelligenza artificiale.
In poche parole, le aziende si fidano dell’intelligenza artificiale ad uso interno, ma la guardano con sospetto quando la usano i candidati. Questo dimostra chiaramente che il concetto di “uso responsabile dell’AI” è ancora ambiguo.
Infine, molte aziende non hanno ancora aggiornato i requisiti formativi per i nuovi ruoli e continuano ad assumere in base ai “vecchi” curriculum, mentre il lavoro di domani richiede una padronanza pratica dei sistemi di intelligenza artificiale. Questa contraddizione, può contribuire a generare nuove fratture occupazionali.
La collaborazione tra uomo e AI e la chiave per il lavoro del futuro
Secondo i ricercatori, una delle competenze chiave per il futuro sarà la capacità di collaborare con i sistemi intelligenti, interpretarne i risultati e integrarli nel processo decisionale umano. È una nuova forma di alfabetizzazione digitale che richiede spirito critico, curiosità e capacità di apprendimento continuo.
Questo richiede che le aziende abbiano una solida strategia per incentivare l’innovazione, che oltre a formare i dipendenti, li induce a pensare che la tecnologia non è una minaccia ma diventa un’occasione di crescita.
Questo rispecchia una tendenza del mercato del lavoro con sempre più aziende che cercano figure ibride in grado di collegare la tecnologia con il pensiero critico e il buon senso. Emergono così nuovi profili come i “traduttori di intelligenza artificiale”, capaci di spiegare ai decisori il significato dei risultati generati dalle macchine, e i “coach digitali”, che insegnano ai team come collaborare efficacemente con i sistemi intelligenti.
Queste professioni non sostituiscono il giudizio umano, ma lo potenziano, creando un ponte tra l’automazione e la creatività. Per questo motivo, in un mondo in cui le macchine imparano, il vero vantaggio competitivo sarà la capacità di adattarsi, di interpretare e di dare senso ai dati.
Il futuro, insomma, non premierà solo i lavoratori più tecnici, ma chi saprà trasformare l’intelligenza sia umana che artificiale in valore aggiunto per l’azienda.




















