SCIENZA

C'è stata la fusione di buchi neri più grande mai osservata, sfida i modelli fisici

GW231123, la fusione di buchi neri più grande mai osservata, sfida i modelli fisici, suggerendo nuove vie di formazione per questi giganti cosmici.

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I fisici hanno rilevato la più grande fusione di buchi neri mai osservata prima. L’evento, denominato GW231123, sfida le attuali comprensioni dell’evoluzione stellare e la formazione dei buchi neri. La massa del buco nero risultante si colloca in un intervallo “proibito” per la formazione diretta, suggerendo vie di formazione più complesse.

La scoperta grazie a un rilevatore di onde gravitazionali

Il rilevamento di eventi cosmici si basa sulle onde gravitazionali, “increspature dello spaziotempo” prodotte da fenomeni violenti come la fusione di buchi neri o stelle di neutroni.

Previste da Albert Einstein in “tempi non sospetti”, strumenti come LIGO (USA), Virgo (Italia) e KAGRA (Giappone) “ascoltano” queste onde, usando raggi laser in bracci chilometrici per rilevare minuscole deformazioni dello spaziotempo. In questo caso parliamo di LIGO, Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, ovvero una struttura che comprende due rivelatori situata negli Stati Uniti.

LIGO rileva le onde gravitazionali emettendo laser lungo lunghi bracci a forma di L – spiega Jonathan O’Callaghan su Nature -. Minuscole variazioni nella lunghezza dei bracci rivelano il passaggio di onde gravitazionali attraverso il pianeta. Le onde sono increspature nello spaziotempo, causate da corpi massicci in accelerazione, come quando due buchi neri o stelle di neutroni si fondono a spirale”.

GW231123, una fusione da record

Dalla sua prima rilevazione – avvenuta nel 2015 – LIGO non aveva mai osservato qualcosa del genere: GW231123 è la fusione di buchi neri più massiccia mai rilevata, come confermato da Mark Hannam, fisico dell’Università di Cardiff e membro della LVK Collaboration.

“La maggior parte degli eventi catturati da LIGO coinvolge buchi neri di massa stellare – cioè con una massa che va da poche a 100 volte quella del Sole – che si ritiene si formino quando stelle massicce concludono la loro vita come supernove”, spiega O’Callaghan. In questo caso, però, non è così: “I due buchi neri coinvolti in GW231123 si trovano in un intervallo di massa previsto, o quasi, di 60-130 masse solari, in cui non ci si aspetta che questo processo funzioni, con teorie che prevedono invece che le stelle debbano essere distrutte”.

La violazione del cosiddetto “gap di massa” indica che le nostre descrizioni della morte delle stelle massicce potrebbero essere incomplete, o che le fusioni aggirano questo limite.

L’ipotesi delle fusioni gerarchiche

Per spiegare i buchi neri nel “gap” proibito, si propone l’ipotesi delle fusioni gerarchiche. Questa teoria suggerisce che buchi neri di massa record, come GW231123, non si formano dal collasso di singole stelle, ma da fusioni successive di buchi neri più piccoli, creando oggetti più massicci con spin insoliti.

Ambienti ad alta densità stellare, come ammassi globulari o dischi di accrescimento, sono ideali per queste fusioni. Le fusioni gerarchiche sono chiave per la formazione dei buchi neri di massa intermedia (IMBH), cruciali per collegare i buchi neri stellari a quelli supermassicci. Questa teoria risolve il “gap di massa” e suggerisce una catena evolutiva.

Eventi come GW231123 sottolineano l’importanza di perfezionare i modelli numerici e teorici per interpretare i segnali delle onde gravitazionali.

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