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Perché non è un buon segno se iniziano a crescere fiori nelle montagne ad alta quota

La fioritura ad alta quota è un sintomo del cambiamento climatico: come il rinverdimento minaccia la biodiversità, l'acqua e la stabilità dei suoli alpini.

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Fiori che crescono in montagna visibili da un sentiero 123RF

Le vette alpine si tingono di fiori, ma è un buon segno? In verità no: questo rinverdimento è un effetto del cambiamento climatico e, lungi dall’essere un segnale di salute, indica un profondo stress ecologico. Questa trasformazione altera gli ambienti montani, minacciando la biodiversità, compromettendo le risorse idriche e destabilizzando i suoli. Ne parla uno studio dell’Università di Torino, che ha evidenziato l’accelerazione di questo fenomeno.

Il rapido riscaldamento delle montagne

Le regioni montane si riscaldano più rapidamente rispetto alle basse quote, fenomeno chiamato “riscaldamento dipendente dall’altitudine” (EDW). In aree come l’High Mountain Asia (HMA) l’aumento della temperatura dell’aria è più del doppio della media globale e questo riscaldamento accelera il ritiro dei ghiacciai e la riduzione della copertura nevosa. La perdita di neve e ghiaccio espone il suolo scuro sottostante, che assorbe più calore solare, amplificando ulteriormente il riscaldamento locale in un ciclo di feedback positivo. Questo meccanismo rende le montagne particolarmente vulnerabili.

Le piante d’alta quota sono straordinariamente adattate con radici tenaci, foglie spesse e forme compatte per resistere a condizioni estreme. Ma il riscaldamento globale spinge le specie di bassa quota a migrare verso l’alto e le nuove arrivate, spesso più grandi, superano le piccole piante alpine nella competizione per luce e risorse.

Competizione tra piante alpine e specie di bassa quota

Un precedente studio dell’ETH di Zurigo pubblicato su Nature aveva mostrato che la sopravvivenza delle piante alpine si dimezza con la competizione da specie di bassa quota, cosa che rappresenta un fattore determinante per il loro declino, più della temperatura diretta. L’avanzamento della linea degli alberi e l’invasione di nuove specie rendono gli ecosistemi omogenei, riducendo la biodiversità unica e minacciando le specie endemiche, che vengono spinte sempre più in alto fino a perdere l’habitat.

“Il fenomeno di risalita in quota di piante che prosperano più in basso, paradossalmente, porta a un aumento temporaneo della biodiversità. Nel lungo periodo le specie che di norma popolano queste zone proglaciali rischiano di non avere più un habitat adatto per svilupparsi“, spiega Ginevra Nota, ricercatrice e naturalista dell’Università di Torino che ha coordinato lo studio dell’Università di Torino pubblicato sul Botanical Journal of the Linnean Society, come riporta Green & Blue.

E ancora: “Oggi questi ecosistemi affrontano enormi sfide a causa di un ritiro senza precedenti dei ghiacciai. In questo studio abbiamo rilevato che le specie vegetali che in passato non potevano adattarsi a questi ambienti ostili oggi abbiano una maggiore possibilità di colonizzare il detrito glaciale ed espandersi in quota”.

Ma quali sono queste specie? Lo studio si è concentrato sui due ghiacciai, quello del Lauson nella valle di Cogne e di Lavassey nella Valle di Rhêmes, dove l’avanzamento procede a una velocità fino a 45 volte superiore rispetto al passato (non a spese delle specie autoctone, per il momento). Si parla di arabetta alpina (Arabis alpina), arabetta celeste (Arabis caerulea), campanula del Moncenisio (Campanula cenisia), iberidella alpina (Hornungia alpina) ma anche di piante tipiche delle praterie come Agrostis alpina, Draba aizoides, Festuca violacea, diverse specie di Salix.

Ghiacciai in ritirata e impatto sugli ecosistemi

I ghiacciai montani sono cruciali “torri d’acqua”, che forniscono acqua dolce a miliardi di persone per consumo, agricoltura ed energia, specialmente nei periodi secchi. Dal 1970, i ghiacciai di riferimento hanno perso l’equivalente di quasi 27,3 metri di acqua liquida, con una perdita di circa 80 miliardi di tonnellate solo nel 2023, contribuendo all’innalzamento del livello del mare.

Questo scioglimento rapido può causare inondazioni improvvise da laghi glaciali (GLOFs) o colate di fango, minacciando le comunità a valle. A lungo termine, la diminuzione dei ghiacciai ridurrà la disponibilità di acqua dolce, portando a insicurezza idrica e alimentare, soprattutto nelle regioni aride.

L’ecosistema alpino è molto sensibile ai cambiamenti climatici. Il ritiro dei ghiacciai e la riduzione della neve alterano la struttura del suolo, la materia organica e i cicli dei nutrienti. Sebbene la vegetazione aiuti a prevenire l’erosione, un inverdimento non controllato può degradare la stabilità del suolo. L’invasione di nuove specie può anche modificare l’immissione di carbonio dalla lettiera (materia organica vegetale morta), riducendo la stabilità del carbonio organico nel suolo e aumentando le emissioni di CO2 nell’atmosfera.

Il rinverdimento delle montagne ad alta quota è un segnale critico di un ecosistema in profondo squilibrio. Riflette un riscaldamento accelerato che minaccia la biodiversità, altera i cicli idrologici e compromette la stabilità del suolo e la sua capacità di immagazzinare carbonio. Le montagne sono sentinelle del clima globale, i loro cambiamenti ci avvertono delle sfide future. E proteggere questi ecosistemi significa salvaguardare la loro bellezza, le risorse essenziali e la stabilità del nostro pianeta.