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Scoperto nel fiore "pata de guanaco" un meccanismo genetico per la resistenza alla siccità

Un fiore muta la propria fotosintesi per resistere alla siccità: la ricerca ha scoperto un "metabolismo flessibile" rivoluzionario.

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pata de guanaco iStock

Nel deserto più arido del mondo, dove la pioggia cade una volta ogni dieci anni, la natura custodisce un segreto sorprendente: un fiore in grado di cambiare tipo di fotosintesi per sopravvivere alla siccità.

È la Cistanthe longiscapa, protagonista del fenomeno noto come desierto florido dell’Atacama. Secondo gli scienziati, studiare il suo straordinario adattamento potrebbe fornire nuove soluzioni per coltivare piante resistenti al cambiamento climatico.

Il segreto del fiore del deserto di Atacama

In Cile, il deserto di Atacama (uno dei luoghi più aridi della Terra) nasconde un piccolo prodigio: un fiore capace di resistere alla siccità.

È qui che come per magia, dopo rare piogge, appare il desierto florido, una distesa di milioni di fiori viola e fucsia su un letto ininterrotto di sabbia. Si tratta della Cistanthe longiscapa, detta pata de guanaco o doquilla, recentemente oggetto di studio per capire come le piante possano sopravvivere a climi sempre più estremi.

Un gruppo di esperti dell’Universidad Andrés Bello, sotto la guida di Ariel Orellana, ha analizzato il genoma di C. longiscapa, prendendo nota di decine di migliaia di geni e confrontando il comportamento della pianta in condizioni di normalità e di siccità.

Nel primo caso l’organismo sfrutta un processo di fotosintesi classico (denominato C3), nel secondo invece adopera il metabolismo acido delle Crassulacee (CAM). In altre parole, la pianta è capace, a seconda della disponibilità o meno di acqua, nell’ambiente che la circonda, di passare da un sistema di fotosintesi a un altro. Il CAM le consente di aprire gli stomi durante la notte e ridurre la perdita d’acqua. In questo modo riesce a sopravvivere e riprodursi in uno dei luoghi più ostili e inospitali del pianeta.

Armonia tra organismo vivente e habitat

La ricerca ha dimostrato che C. longiscapa è letteralmente in grado di sincronizzare fisiologia e orologio biologico, per massimizzare le sue riserve di energia e acqua.

Gli scienziati hanno scoperto, infatti, che alla base della fotosintesi ibrida ci sono reti di geni circadiani o geni clock. Questi funzionano come un vero e proprio timer interno: regolano i ritmi quotidiani (quando aprire gli stomi o quando fare la fotosintesi) e permettono alla pianta di sincronizzarsi con il giorno e la notte.

Durante le ore notturne e in maniera marcata nel periodo della fioritura, ad esempio, si verifica un aumento della produzione di acidi organici, segno dell’attivazione del sistema CAM.

Grazie alla strategia di un metabolismo “flessibile”, la pianta si assicura di riuscire a completare il suo ciclo vitale nel giro di poche settimane, prima che, dopo le piogge, il suo habitat ritorni a essere un deserto totalmente sterile.

In un mondo in cui le condizioni climatiche sono sempre più estreme, con picchi di caldo torrido e lunghi periodi di siccità, questa potrebbe essere la chiave di volta di un enorme problema: come salvare l’agricoltura dalle conseguenze disastrose del cambiamento climatico. Lo studio di C. longiscapa con il suo patrimonio, fa sperare gli scienziati nella possibilità di individuare i geni dell’adattabilità e di trasferirli alle colture alimentari.

Un piccolo fiore fucsia potrebbe nascondere in sé, dunque, il segreto per rendere le piante più resilienti.