International Internet Day: la parole che raccontano il nostro rapporto col web
Dall’invio del primo messaggio su Arpanet nascono Internet e un nuovo linguaggio: doomscrolling, like loop e filter fatigue raccontano il lato oscuro del web

In sintesi
- Internet ha trasformato anche la lingua, creando neologismi per descrivere i comportamenti digitali moderni.
- Termini come doomscrolling e filter fatigue mostrano come la rete influenzi emozioni e relazioni.
Il 29 ottobre 1969 per la prima volta due computer si scambiano un messaggio tramite il primo collegamento su Arpanet, precursore del moderno Internet. È l’inizio di una rivoluzione senza precedenti che ogni anno, il 29 ottobre, viene ricordata con l’International Internet Day. Tra i profondi cambiamenti che internet ha portato nelle nostre vite, ce ne sono alcuni che riguardano la lingua. Con l’avvento della rete, infatti, abbiamo creato numerosi neologismi: un processo che non è ancora terminato, come dimostrano i termini entrati più di recente nel nostro vocabolario e dedicati più che altro a descrivere il nostro rapporto con il mondo digitale, che è sempre più spesso fatto anche di fatica, solitudine e atteggiamenti disfunzionali.
Quali sono le parole che descrivono il nostro rapporto con internet
A mettere in fila alcune di queste nuove parole è Babbel, che dal 2007 sviluppa prodotti digitali per l’apprendimento delle lingue rivolte sia ai consumatori sia alle aziende. «Nell’era digitale, l’esigenza di comprendere le nuove forme di interazione e i loro esiti disfunzionali ha dato vita a un vasto vocabolario di neologismi», dichiara Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Creator di Babbel.
«Il ricorso a nuove parole, soprattutto di origine inglese, risponde al bisogno di dare un nome ai fenomeni emergenti, per renderli tangibili e quindi gestibili. Spesso questi termini nascono dalla fusione tra il vocabolario della psicologia e quello digitale: un processo tipico del lessico, che attinge a campi diversi per nominare esperienze nuove».
Tra queste “esperienze nuove” c’è ad esempio il doomscrolling: con questo termine si intende l’atto compulsivo e incessante di scorrere, dal verbo inglese “scrolling”, e consumare notizie e contenuti, specialmente di natura negativa o allarmante (il sostantivo “doom” significa infatti “sventura”).
Cosa significa Like Loop, Dopamine Rush e Filter Fatigue
Like Loop letteralmente significa “il ciclo dei mi piace”: questo termine viene utilizzato per descrivere il bisogno frenetico di alcuni utenti di ricevere un “mi piace” dopo aver pubblicato un contenuto su una piattaforma digitale. È un bisogno che innesca una sorta di dipendenza, pregiudicando il benessere digitale e anche psicofisico.
Ricevere un “mi piace” suscita infatti un senso di gratificazione e, a livello celebrale, provoca un aumento della dopamina, neurotrasmettitore spesso soprannominato “ormone della felicità” proprio perché è coinvolto nelle attività di regolazione emotiva. Questo innesca un circolo vizioso: l’utente pubblica compulsivamente per ritrovare quel senso di gratificazione e la “dopamine rush” che ne consegue.
Filter fatigue è invece la “stanchezza da filtro”, cioè quel senso di sfinimento dato dal costante bisogno di curare la propria immagine sui social o, in generale, sulle piattaforme digitali. È un bisogno che può incidere sull’autostima, perché è legato al fatto che si vuole mostrare ad ogni costo il proprio “lato migliore”, reale o meno che sia, magari per aderire a un certo standard di bellezza o di performance.
Perché a volte le piattaforme digitali stancano, isolano e annoiano
È stato notato in tempi recenti che la presenza sulle piattaforme digitali può portare a sentimenti di noia, sovraccarico e insofferenza. Capita ad esempio con la cosiddetta content overdose: un “bombardamento” metaforico di informazioni, tipico di quest’epoca di iperconnessione, talmente intenso da superare la capacità del cervello di assorbire i contenuti e di distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è.
Posting ennui è invece un’espressione che descrive la completa perdita di interesse nell’interagire con gli altri e nel pubblicare contenuti online. È una condizione che spesso si lega al rinnovato desiderio degli utenti di sottrarsi alle dinamiche social pubbliche per tutelare privacy e salute mentale.
Un’altra deriva delle piattaforme digitali è il cosiddetto fenomeno dell’Alone Together. La connettività perenne offerta dai dispositivi tecnologici dovrebbe aiutare a costruire ponti e relazioni tra le persone. Paradossalmente, però, chi vive la condizione dell’“alone together” sviluppa anche una sorta di timore per le interazioni faccia a faccia, che, al contrario delle interazioni online, richiedono spontaneità e capacità di gestire l’imprevedibilità.




















