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Baby influencer, in Italia arriva la legge per tutelare i minori sui social

Un nuovo disegno di legge bipartisan propone di alzare l’età minima per accedere ai social e di regolare le sponsorizzazioni che coinvolgono i minori

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In sintesi

  • Un nuovo disegno di legge bipartisan, attualmente in esame, propone di alzare l’età minima per accedere ai social da 13 a 15 anni
  • Si valutano anche misure per regolamentare le sponsorizzazioni ed evitare lo sfruttamento sui social di bambini e bambine da parte dei genitori

Conosciamo bene i rischi dell’uso dei social media sui minori: problemi di salute mentale, bassa autostima, isolamento sociale, alterazioni del sonno e dell’attenzione, dipendenza. Anche per questo, attualmente in Italia si sta valutando una legge per limitare l’accesso ai social media prima di una certa età. La norma punta anche ad arginare il fenomeno dei cosiddetti baby influencer, cioè lo sfruttamento dell’immagine di bambini e bambine, da parte degli stessi genitori o di altre persone, per creare contenuti a scopo di lucro.

A che punto è il nuovo disegno di legge su minori e social media

Partito Democratico e Fratelli d’Italia hanno presentato un disegno di legge bipartisan il cui obiettivo è tutelare i bambini e le bambine dai rischi connessi all’uso dei social media e dalle dinamiche di sfruttamento dietro il fenomeno dei baby influencer.

Il ddl è attualmente all’esame dell’VIII commissione del Senato, dovendo attraversare il regolare iter di discussione, emendamento e votazione. Si prevede diventerà ufficialmente legge per l’inizio del 2026.

Qual è la nuova età minima per usare i social?

Il ddl nella sua attuale versione prevede di alzare l’età minima per avere accesso ai social media, così che i giovanissimi utenti possano affacciarsi alle piattaforme con un maggiore grado di consapevolezza e maturità.

Oggi bisogna avere minimo 13 anni per aprire un profilo social con il benestare dei genitori e minimo 14 anni per farlo in autonomia, cioè esprimendo direttamente il proprio consenso al trattamento dei dati personali.

La proposta di legge propone di alzare queste soglie di età rispettivamente a 15 e a 16 anni. La maggioranza ha proposto alcuni emendamenti su questo punto, proponendo di uniformare a 14 anni l’età minima per accedere ai social. Non è ancora possibile sapere quale versione finale verrà approvata.

Diventerà comunque impossibile aprire un account social fingendosi più grandi di quel che si è, come talvolta accade oggi. Entro il 30 giugno 2026 la Commissione Ue renderà infatti disponibile il “mini-portafoglio” digitale europeo, che certificherà ufficialmente la data di nascita dell’utente e che dovrà essere usato per accedere ai servizi web.

Cosa potrebbe cambiare per le sponsorizzazioni dei baby influencer

Un altro punto interessante della proposta di legge è la stretta sulle sponsorizzazioni che riguardano i minori. Entro i 180 giorni dall’approvazione del provvedimento (che, come detto, è attesa per inizio 2026), AGCOM proporrà una serie di linee guida su questo fronte.

L’obiettivo di queste linee guida sarà garantire la trasparenza dietro i video-ad che coinvolgono i minori sui social, per evitare che bambini e bambine vengano sfruttati da adulti per creare contenuti a scopro di lucro.

Quando si parla di sfruttamento web dei minori in questo contesto non bisogna immaginare situazioni necessariamente estreme o illegali, come siamo forse portati a pensare. Con questo termine ci si riferisce invece agli adulti – che possono essere i genitori o terze parti – che, magari facendo passare l’attività come un hobby o un momento di svago condiviso, spingono i bambini a una sovraesposizione sui social media al fine di monetizzare attraverso questi contenuti.

Anche quando non avviene con cattive intenzioni, però, la sovraesposizione di bambini e bambine sui social è estremamente problematica sia perché aumenta il pericolo di predazione e pedopornografia, sia perché può comportare problemi di autostima e salute mentale per i minori. Inoltre, talvolta questa attività può diventare per i minori una vera e propria attività lavorativa, sebbene non riconosciuta ufficialmente come tale.