Gli alieni esistono ma c'è un motivo se non si mettono in contatto con noi
Se non siamo soli in questo Universo, dove sono gli alieni? Una nuova teoria potrebbe spiegare il paradosso di Fermi: ecco perché non abbiamo mai trovato prove di civiltà extraterrestri.

Non siamo davanti alla trama di un film di fantascienza, bensì ad una nuova ipotesi che potrebbe rivoluzionare la nostra conoscenza dell’Universo: gli alieni esistono davvero, e c’è un motivo preciso per cui non si sono mai messi in contatto con la civiltà umana. La teoria in questione si basa sul "principio della monotonia radicale", secondo cui occorre eliminare tutte le possibilità estreme – ovvero che gli alieni non esistano o che siano dotati di una tecnologia talmente avanzata da non poter essere percepiti da noi uomini molto più arretrati. Scopriamo di cosa si tratta.
La nuova teoria sull’esistenza degli alieni
Avete mai sentito parlare del paradosso di Fermi? Venne formulato nel 1950 dal fisico italiano Enrico Fermi, il quale in un discorso con i suoi colleghi presso il Los Alamos National Laboratory, ovviamente sul tema degli alieni, si chiese: "Dove sono tutti?". In effetti, le probabilità che in un Universo sconfinato non ci sia altro che la civiltà umana sono piuttosto remote. Al tempo stesso, tuttavia, finora non abbiamo mai trovato indizi di forme di vita intelligente nello spazio. Dunque, che fine hanno fatto gli alieni? Nel tempo sono state sviluppate numerose teorie, senza che alcuna di esse venisse però confermata.
Stavolta è l’astrofisico Robin Corbet, ricercatore senior del Goddard Space Flight Center della NASA presso l’Università del Maryland, a cimentarsi nel tentativo di dare una risposta all’enigma del "grande silenzio" degli alieni. Secondo la sua teoria della monotonia radicale, nessuno si è mai messo in contatto con noi per un motivo molto semplice: le civiltà extraterrestri non sarebbero così tecnologicamente avanzate come crediamo. "L’idea è che siano più avanzati, ma non molto" – ha affermato il dottor Corbet – "Sembra più plausibile, più naturale, perché non propone nulla di estremo".
Gli alieni, dunque, avrebbero più o meno le nostre stesse risorse per lo studio dello spazio. E dopo aver lanciato sonde per esplorare la galassia, si sarebbero semplicemente annoiati di cercare altre forme di vita, rinunciandovi. Questo spiegherebbe come mai il SETI (il programma di ricerca della vita intelligente extraterrestre) non avrebbe mai catturato indizi provenienti da un’altra civiltà tecnologicamente avanzata: semplicemente gli alieni non avrebbero ancora le capacità per inviare segnali radio in grado di raggiungere la Terra.
Le risposte alla teoria della monotonia radicale
Questa teoria è naturalmente molto affascinante, ma sono tantissimi gli scienziati che non la ritengono plausibile. È il caso del professor Michael Garrett, direttore del Jodrell Bank Centre for Astrophysics, che sostiene invece un’ipotesi diversa. "Trovo difficile credere che tutta la vita intelligente possa essere così uniformemente noiosa. Propendo per una spiegazione più audace del paradosso di Fermi: che altre civiltà post-biologiche progrediscano così rapidamente da sfuggire alla nostra capacità di percepirle" – ha spiegato in un articolo di prossima pubblicazione su Acta Astronautica.
Decisamente più affascinante è invece la teoria proposta dal professor Michael Bohlander, esperto di tecnologia SETI e di diritto presso l’Università di Durham. E se le prove della presenza aliena fossero già arrivate sulla Terra, sotto forma di fenomeni inspiegabili? "Se solo una piccola percentuale di UAP [fenomeni aerei non identificati, ndr] risultasse non essere stata creata dall’uomo – e le capacità dimostrate da essi in numerosi avvistamenti suggerissero almeno uno stato di avanzamento ben oltre l’attuale tecnologia umana pubblicamente nota – allora la domanda posta da Fermi potrebbe trovare una risposta empirica".




















