Libero
SCIENZA

Ecco come si stanno preparando i nuovi astronauti: cosa prevede l'addestramento

Diventare astronauti non è semplice: la NASA ha formato la sua nuova classe, pronta a un addestramento lungo due anni (e più). Ma in cosa consiste?

Pubblicato:

La NASA ha definito la sua nuova classe di candidati astronauti, come da annuncio dello scorso ​​22 settembre. Gli allievi verranno addestrati presso il Johnson Space Center dell’agenzia a Houston, Texas. Questi dieci uomini e donne altamente qualificati si sono rimboccati le maniche, preparandosi per la fase successiva del loro viaggio verso le stelle: un percorso che si snoda in quasi due anni di addestramento rigoroso. Un investimento necessario per trasformare ingegneri, scienziati e piloti di talento in esploratori interplanetari, capaci di operare sia nell’orbita terrestre che sulla superficie lunare.

La selezione e il percorso base

Se il percorso di addestramento in sé è piuttosto complesso, la procedura di selezione non è stata da meno. La NASA ha ricevuto oltre 8.000 domande solo nell’ultimo ciclo: il candidato ideale è un professionista con una laurea magistrale in un campo STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria o Matematica), requisito cruciale per l’espansione della sperimentazione scientifica nello Spazio.

L’addestramento iniziale, noto come AC Training, dura circa due anni e si svolge principalmente presso il Johnson Space Center a Houston, nel Texas. Questo periodo fornisce le competenze astronautiche fondamentali, ma è solo l’inizio.

La preparazione completa per una missione di lunga durata, come quelle a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), può richiedere ulteriori due o tre anni di formazione altamente specifica, portando il tempo totale tra la selezione e il primo volo a quattro o cinque anni.

Il Neutral Buoyancy Laboratory

Il percorso di formazione dei nuovi astronauti si poggia sull’addestramento alle attività extra-veicolari (EVA), le cosiddette “passeggiate spaziali”. Non potendo contare sui voli parabolici – che offrono solo brevi intervalli di microgravità -, la simulazione si svolge nel Neutral Buoyancy Laboratory (NBL).

Situato presso il Sonny Carter Training Facility, il NBL è una delle piscine coperte più grandi del mondo: con i suoi 61,5 metri di lunghezza, 31,1 metri di larghezza e 12,2 metri di profondità, contiene ben 6,2 milioni di galloni di acqua. I candidati lavorano in mock-up a grandezza naturale di veicoli e moduli spaziali, indossando la tuta pressurizzata (Extravehicular Mobility Unit o EMU).

Questo ambiente è vitale non solo per imparare a muoversi e lavorare, ma anche per la verifica dell’hardware e lo sviluppo di procedure rigorose. L’EVA è fondamentale, perché i futuri astronauti devono dimostrare una grande capacità di risolvere gli imprevisti e di implementare protocolli strumentali per garantire l’efficienza del mezzo e la sicurezza dell’intero equipaggio.

Resilienza, robotica e competenze operative

Il percorso ovviamente non si limita alle attività extra-veicolari. I futuri astronauti devono imparare a pilotare jet ad alte prestazioni T-38, sviluppando capacità critiche di consapevolezza situazionale e di gestione rapida del rischio, essenziali per il controllo dei sistemi spaziali.

Altra colonna portante del futuro astronauta è la robotica: deve saper manipolare sistemi remoti, come il Canadarm utilizzato sulla ISS, cruciale per l’assemblaggio, la manutenzione e il supporto agli astronauti durante le passeggiate spaziali. E poi c’è la lingua: deve imparare il russo per la comunicazione critica con i partner internazionali sulla ISS.

Preparazione fisica, tecnica, capacità di problem solving. Ma c’è anche lei: la resilienza, messa alla prova in tutte le attività descritte. Gli astronauti vengono sottoposti a scenari di sopravvivenza in ambienti ostili, imparando così a costruire rifugi e a reperire risorse in deserti, foreste oppure oceani, nel caso di atterraggio fuori rotta. Altri criteri che vengono valutati sono la salute mentale e la predisposizione alla socializzazione, necessarie ad affrontare l’isolamento e lo stress di voli spaziali di lunga durata.