Il Mostro di Firenze travolto dalle critiche: le recensioni della serie Netflix

La serie Netflix diretta da Stefano Sollima sta riscuotendo enorme successo di pubblico, ma non mancano le critiche per alcuni aspetti molto specifici

Roberto Ciucci

Roberto Ciucci

Giornalista

Appassionato di sport, avido consumatore di manga e film, cultore di tutto ciò che è stato girato da Quentin Tarantino e musicista nel tempo libero.

Era lecito aspettarselo, ma la nuova serie Netflix diretta da Stefano Sollima (Romanzo Criminale e Gomorra), Il Mostro, ha davvero acceso critiche e dibattito. Miniserie in quattro episodi, riporta sotto la luce dei riflettori il caso ancora irrisolto del Mostro di Firenze, che tra il 1968 e il 1985 uccise 14 persone (per quanto si sospetta che le vittime siano in realtà 16). La serie ha immediatamente catturato il pubblico grazie a una narrazione cruda e senza fronzoli, ma non sono mancate le critiche da parte di alcuni, delusi per delle precise scelte di sceneggiatura.

Le critiche a Il Mostro in streaming su Netflix

Il malcontento degli spettatori per Il Mostro nasce in primis dalla scarsissima durata: solo quattro episodi per raccontare un caso giudiziario ampio e ramificato. In secundis, molti si aspettavano che la serie avrebbe abbracciato tutti gli aspetti e le numerose piste dell’indagine, mentre invece ci si concentra quasi esclusivamente sulla cosiddetta Pista Sarda. Quel filone che vide coinvolti alcuni uomini originari della Sardegna trasferitisi in Toscana, tra cui Stefano Mele (marito di una delle due prime vittime) e i fratelli Vinci, Salvatore e Francesco.

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Per quanto sia una scelta che garantisce compattezza narrativa, dall’altro lato esclude per forza di cose numerosi aspetti decisamente interessanti della vicenda e che per numerosi spettatori sarebbero stati meritevoli di menzione. Molti hanno infatti lamentato che la serie non accenna minimamente ad altre piste o sospettati che hanno occupato le cronache per decenni, rendendo il tutto abbastanza parziale e frammentario. "Sì ma non mi potete lasciare così sul finale e non parlare dei compagni di merende" è uno dei commenti.

Un focus molto specifico

Quello scelto da Sollima non è un punto di vista che ha l’obiettivo di offrire un colpevole, quanto più di presentare il clima di sospetto e paura che avvolse l’Italia di quegli anni. La serie ruota attorno alla figura di Silvia Della Monica (interpretata da Liliana Bottone), magistrato che si occupò in prima persona delle indagini. Una figura quasi unica in questa vicenda, poiché all’epoca fu la sola donna in una squadra investigativa dominata da uomini, e la sua presenza diventa simbolo di un cambiamento sociale lento ma necessario.

Sollima riesce nel difficile compito di creare un’atmosfera cupa e densa, fatta di sguardi sospettosi e verità taciute. In ogni episodio, il confine tra vittima e carnefice si fa sottile e confuso, ma purtroppo la ridotta durata degli episodi finisce inevitabilmente per limitare la profondità del racconto. In sole quattro puntate, effettivamente, molte sfumature del caso vengono solo accennate o, in alcuni casi, del tutto omesse.


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