Caso Garlasco, si riapre la pista dell'insabbiamento: nuovi sequestri per l’ex procuratore Venditti e due carabinieri
Dopo l’annullamento dei primi sequestri, la Procura di Brescia rilancia: telefoni e pc di Venditti e dei due ex carabinieri tornano sotto analisi per far luce sul caso.

L’inchiesta sul caso Garlasco torna a far parlare, con un nuovo capitolo che riporta sotto i riflettori nomi e ruoli pesanti della giustizia pavese. Dopo anni di silenzio e sentenze definitive, la Procura di Brescia ha deciso di riaprire un fronte legato a presunti insabbiamenti e contatti sospetti durante le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi. Al centro della vicenda, ancora una volta, l’ex procuratore di Pavia Mario Venditti e due ex carabinieri della polizia giudiziaria.
Caso Garlasco: la nuova mossa della Procura
La Procura di Brescia, guidata da Francesco Prete e con la pm Claudia Moregola, ha disposto un nuovo sequestro dei dispositivi elettronici di Venditti e degli ex militari Giuseppe Spoto e Silvio Sapone. Solo il giorno precedente, il Tribunale del Riesame aveva annullato un primo provvedimento, ma i magistrati non hanno perso tempo. Secondo l’accusa, telefoni, computer, tablet e chiavette contengono elementi fondamentali per chiarire alcuni passaggi rimasti oscuri nella gestione delle indagini su Andrea Sempio, l’amico della vittima inizialmente sospettato e poi archiviato nel 2017.
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Entra nel canale WhatsAppL’annullamento del Riesame, motivato da un presunto vizio di forma, non ha fermato la Procura, che ha riformulato il sequestro parlando di strumenti "necessari per l’accertamento dei fatti". Il nuovo provvedimento prevede la copia forense di tutti i dispositivi, in modo da analizzare i contenuti senza modificare gli originali. L’obiettivo è rintracciare eventuali messaggi, mail e documenti che possano far luce su rapporti impropri o scambi di informazioni tra inquirenti, consulenti e difese.
Cosa cercano gli inquirenti
Gli investigatori sospettano che nei dispositivi sequestrati possano trovarsi tracce di contatti o comunicazioni tra chi indagava sul delitto e la famiglia Sempio. Nel mirino ci sono eventuali pagamenti o favori che avrebbero potuto orientare la decisione di archiviare il fascicolo a carico del giovane, dopo che il suo nome era emerso in relazione a una traccia di Dna ritrovata sotto le unghie di Chiara Poggi. I pm ritengono che i dispositivi possano contenere "elementi utili alla prova del reato" e intendono approfondire ogni passaggio sospetto di quei mesi.
Il nodo della consulenza Linarello
Un aspetto delicato riguarda la consulenza del genetista Linarello, che all’epoca attribuiva a Sempio il Dna sotto le unghie della vittima. Quella relazione, prima ancora del deposito ufficiale, sarebbe arrivata nelle mani della difesa di Sempio, seguita dall’ex comandante dei Ris Luciano Garofano. Gli inquirenti vogliono capire come sia avvenuta la diffusione di quel documento, chi ne abbia avuto accesso e se sia stato inviato a terzi, ipotizzando possibili violazioni nella gestione delle prove. Il nuovo sequestro dimostra che la Procura di Brescia non intende archiviare facilmente un’inchiesta che continua a far discutere. Quindi, a quasi vent’anni dal delitto di Garlasco, la ricerca della verità non sembra ancora chiusa.
